Così non si contrastano abbandono dei rifiuti e roghi tossici nella Terra dei fuochi

Controlli insufficienti, sei anni di attesa per avere sistemi di videosorveglianza, big bag utilizzati per le bonifiche diventati a loro volta rifiuti e scaricati illegalmente sul territorio. Così nella Terra dei Fuochi si continua ad inquinare con abbandono di rifiuti speciali e pericolosi e con i roghi tossici

Così non si contrastano abbandono dei rifiuti e roghi tossici nella Terra dei fuochi

Rifiuti e friarielli. È lo scenario che in questo periodo si presenta davanti agli occhi girando per le strade e i sentieri della Terra dei fuochi. Quando i friarielli saranno raccolti lasceranno il posto ad altri prodotti di stagione, ma i rifiuti resteranno sempre lì.

Amianto, guaine, pneaumatici, materiale di risulta edile, frigoriferi, plastica, vernici, scarti tessili, carcasse di auto, nel tempo sono andati ad ingrossare montagne di monnezza abbandonata e sono stati bruciati per fare spazio ad altri rifiuti. Così è ormai da anni. Più militari sul territorio, telecamere di videosorveglianza, in questo modo nel 2013 con il decreto sulla Terra dei fuochi si prometteva di combattere i fenomeni dello sversamento abusivo dei rifiuti e dei roghi tossici. Ma nella Terra dei fuochi, nei comuni tra Napoli e Caserta vessati dagli ecocriminali, le discariche a cielo aperto non sono mai sparite. E si trovano sempre negli stessi punti. Sorgono principalmente a ridosso di campi coltivati, nelle aree periferiche, e da esse trae origine la maggior parte degli incendi tossici.

Sei anni di attesa per le telecamere di videosorveglianza

I militari probabilmente non bastano. E le telecamere o già c’erano e non hanno mai funzionato, o devono essere ancora installate. Non ci sono mai state a Marigliano, nelle zone periferiche principalmente colpite dagli inquinatori. Solo nel 2019 sarà completata l’installazione dei primi occhi elettronici, grazie a un progetto finanziato dalla Regione Campania per circa 700mila euro. Il progetto era stato presentato nel 2013 con altri 3 comuni. Sono passati sei anni e solo oggi è in fase esecutiva. Tempi troppo lunghi per poter far fronte a un’emergenza di tale portata.

Ne beneficerà anche il comune di Castello di Cisterna, lì dove delle telecamere erano già presenti, in via Cimminola, ma non hanno mai funzionato: “Le mise la provincia in accordo con i comuni, almeno 10 anni fa. Spesero pure bei soldi a quei tempi”, ricorda Clemente Sorrentino, attualmente consigliere comunale di opposizione. Sorrentino ricopriva la carica di primo cittadino quando Castello di Cisterna aderì al patto per la Terra dei Fuochi. Durante il suo ultimo mandato da sindaco dovette provvedere con fondi comunali allo sgombero di rifiuti speciali e pericolosi sversati abusivamente a ridosso di terreni agricoli, lungo una strada provinciale, sorvegliata, sì, ma da telecamere spente: “Quella zona era diventata ormai una discarica. Facemmo un intervento di bonifica. Però durò giusto 6 o 7 mesi. Oggi sta nelle condizioni dell’altra volta”.

In effetti sul ciglio della strada c’è di tutto. E sullo sfondo si aprono i campi coltivati. Stessa situazione a pochi chilometri di distanza, nel territorio di Acerra. In una stradina che costeggia i regi lagni, in località Candelara, di un sistema di videosorveglianza impiantato negli anni passati è rimasto solo un palo. “La telecamera è stata asportata, forse rubata, ma questo sistema non è entrato mai in funzione. E infatti nei Regi lagni si continua a sversare rifiuti", racconta Vincenzo Petrella, volontario dell’associazione ‘Volontari antiroghi Acerra’, un’organizzazione che da circa 4 anni è impegnata sul territorio per prevenire e contrastare l’inquinamento ambientale.

È ancora vivo nei residenti di via Primo maggio il ricordo dell’estate del 2017, quando dall’adiacente canale dei regi lagni si levavano quelle fumarole e si propagavano quegli incendi che gli resero la vita un inferno. In quel tratto, come documentano alcune foto scattate all’epoca, c’erano rifiuti, visibili a occhio nudo, che finirono in fiamme. Alcuni degli abitanti della zona accusarono malori. “Io riscontravo mal di testa costanti. Non potevo dormire a casa”, racconta la 24enne Giusi. “Era una puzza di bruciato, ma non normale”, conferma una mamma che vive in un parco a pochi passi e che in quei giorni con i suoi bambini visse da prigioniera in casa sua.

Nel frattempo dei carotaggi sono stati fatti, ma gli abitanti della zona sono ancora in attesa di sapere cosa hanno inalato in quei giorni, cosa stava bruciando sotto le loro abitazioni. “La clinica venne presa d’assalto per due, tre giorni”, narra Petrella, che ci spiega come dall’alto del canale, dovrebbe vedersi uno strato di cemento che, ipotizza, “ormai non si vede più perché, probabilmente, negli anni, dall’altro versante hanno scaricato di tutto". In effetti, una persona del posto, che vuole rimanere anonima, ci ha raccontato di come nel passato siano stati avvistati camion della raccolta dei rifiuti intenti a sversare illegalmente nel lagno: “Probabilmente pulivano i serbatoi, le cisterne, e scaricavano nel lagno, al ponte di Casolla. Una volta un camion si interrò pure, facendo questa operazione, poi riuscì a liberarsi e andò via”.

Diventati rifiuti anche i big bag utilizzati per la bonifica

Alcuni comuni aderenti al Patto per la Terra dei fuochi (stipulato nel 2013) hanno ottenuto finanziamenti per effettuare la bonifica dei territori. I rifiuti sono stati anche sgomberati, ma in alcuni luoghi sono subito riapparsi, in altri sono rimasti ai margini delle strade, differenziati nei grossi sacchi bianchi in cui erano stati raccolti, quei big bag che hanno finito per diventare a loro volta dei rifiuti, coperti da altra schifezza e in qualche caso rimasti avvolti da fiamme che li hanno inceneriti. Ne abbiamo avvistati diversi lungo il percorso.

Dei big bag sono stati scaricati ad Acerra, dove ne sono stati individuati almeno una decina, sparsi in località Candelara. Sono stati segnalati nei mesi scorsi alle autorità. Ma fino ad ora si è provveduto soltanto a delimitare con un nastro bianco e rosso l’area in cui si trovano. Inutilmente, perché chi deve smaltire illecitamente continua a farlo, in quel posto che rifocillano di rifiuti anche i rom del vicino campo abusivo, dove dovrebbe svolgersi la raccolta differenziata. “Fino a due mesi fa il Comune veniva a prelevare i rifiuti due volte a settimana, ci hanno messo i bidoni dell’immondizia. Ora i camion della raccolta non vengono più. Noi dove la dobbiamo buttare questa spazzatura? Da qualche parte la dobbiamo pure mettere”, ci dice uno dei capofamiglia della baraccopoli.

Mentre parla, va avanti la vita familiare in quello spazio su cui ad ogni angolo sono accatastati rifiuti. Il tanfo prodotto da vecchie stufette, dove bruciano non si sa cosa, è insopportabile. Un uomo di una seconda famiglia che occupa un altro comparto del villaggio dice che danno fuoco a della legna che hanno ammucchiato ai lati un casotto. È legna trattata, verniciata. Nociva se bruciata. “Ci cuciniamo anche”, affermano. Fumo nero e ammorbante fuoriesce anche dai comignoli delle baracche del campo rom situato a Casoria, ai confini con il comune di Afragola, in una zona dove sono accatastati da tempo anche numerosi big bag pieni di rifiuti recuperati nell’ambito di operazioni di bonifica.

Se i controlli sono inadeguati

Ad Afragola i rifiuti speciali vengono abbandonati anche nel centro cittadino, di giorno e di notte. Ci è bastato attendere un’ora in un posto nel cuore della città per pizzicare soggetti che, anche davanti alla folla, scaricavano rifiuti, non solo urbani. Qualcuno, puntualmente, di sera, senza scrupolo alcuno, esce dalla propria abitazione con bidoni e sacchi colmi di materiale di risulta e li abbandona sempre nello stesso posto. Saranno consegnati alle autorità i video che lo documentano e che abbiamo scelto di non pubblicare per tutelare chi ci ha consentito di accertare tali episodi.

Ad Afragola, poi, è ammassato ogni tipo di scarto tra i terreni agricoli della periferia, dove i contadini continuano a lavorare a schiena bassa, mentre alle loro spalle ci sono collinette di rifiuti che tolgono la visibilità, e la cenere degli incendi rende nera la terra e il selciato. Alzando lo sguardo, da una parte si vede l’avveneristica stazione Tav di Afragola, dall’altra le insegne dei grandi centri commerciali, in mezzo l’inferno attraversato dai Regi lagni, canali nati per raccogliere l’acqua piovana con lo scopo di evitare inondazioni o di far fronte a periodi di siccità, e che hanno finito per diventare l’ennesimo sversatoio degli ecocriminali.

Ad Afragola, lungo il lagno, sotto le sterpaglie, sono nascoste montagne di rifiuti speciali e pericolosi.

Su un fondo che si trova nei pressi, si erge una collina formata da rifiuti. Ci è stato detto che sarebbe una vecchia discarica. Ma chiunque oggi può accedervi liberamente, ad ogni ora del giorno, e scaricare nuovi rifiuti. Ancora indisturbatamente.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica