Così si spegne una democrazia

Di fronte a questa scia di sangue, impossibile non domandarsi se essa dipenda anche da un'abdicazione delle istituzioni e dalla loro incapacità di governare la conflittualità

Così si spegne una democrazia

L'esecuzione di Charlie Kirk abbattuto con un colpo di fucile al collo all'università dello Utah, mette in correlazione le condizioni della lotta politica in America con il futuro della democrazia intesa come regime politico universale. L'America tra le democrazie politiche è la più antica. E non certo per la prima volta viene scossa da un fatto di sangue. Mai come oggi, però, un attentato suscita il timore che l'impianto istituzionale sia sufficientemente forte da riuscire a circoscrivere e sormontare quell'episodio. Nasce e si radica il dubbio che derive sociali, culturali e identitarie innescatesi da tempo siano giunte alle loro conclusioni estreme. Nel volgere di pochi anni, le martellate al marito dell'ex Speaker Pelosi, l'omicidio del Ceo di United Healthcare, la casa del governatore della Pennsylvania data alle fiamme, l'assassinio di una deputata democratica del Minnesota e di suo marito, l'attentato a Donald Trump, fallito per un niente. Fino all'ammazzamento di Charlie Kirk. Di fronte a questa scia di sangue, impossibile non domandarsi se essa dipenda anche da un'abdicazione delle istituzioni e dalla loro incapacità di governare la conflittualità. Ma la risposta è no. In America, in questo momento, sono i giudici a rappresentare la vera opposizione a Trump. I tribunali stanno esercitando un controllo incisivo su alcune iniziative dell'esecutivo: dai dazi all'immigrazione, fino all'impiego della Guardia Nazionale. Le loro decisioni in più di un caso hanno frenato l'azione del governo. Quando Trump invoca lo stato d'eccezione, la giustizia stringe le sue maglie fino a negare che un'eccezione esista. Così comunità cittadine e Stati possono rivendicare la propria autonomia contro le decisioni del Presidente. L'intento di taluni giudici è politico: dipingere Trump come un "perdente seriale". Ma la storia e la giurisprudenza ricordano che, in circostanze eccezionali, la legge federale ha consentito (e consente) l'uso di forze sotto l'egida federale. Eisenhower inviò le truppe a Little Rock per imporre la desegregazione. Bush padre le dispiegò a Los Angeles nel 1992 per salvare una città in fiamme. E allora si comprende perché la recente decisione con cui i tribunali distrettuali hanno sottratto a Trump il controllo della Guardia Nazionale sia stata sospesa dalle corti federali d'appello. A conferma che il sistema dei pesi e contrappesi costituzionali funziona ancora: frena gli eccessi, ma tutela anche le prerogative dell'esecutivo. Ciò che, invece, vacilla è la dialettica politica. Il Partito Democratico o è assente o risulta incomprensibile. Dinanzi all'omicidio di Kirk, le prime file democratiche - Clinton, Obama, Biden - hanno subito condannato. Ma l'esitazione del mondo liberal e delle seconde linee del partito ha evidenziato un'opposizione senza guida. Quando alla Camera i Repubblicani hanno puntato l'indice accusatorio contro i banchi dei Democratici, la risposta è stata un laconico invito a legiferare sulle armi. E intanto muta la percezione della tragedia. Nell'era dei social network il lutto collettivo ha smarrito la sua funzione di rito civile. Tutto si frantuma in meme, like, ironia sguaiata. La morte viene banalizzata, trasformata in un'arma brandita da una fazione contro l'altra. E la violenza finisce per essere legittimata. Il polemista Kirk, dicono, "se l'è cercata". Qualcuno scrive dell'era del "populismo violento". Altri evocano la fine dell'esperimento dei Padri fondatori, travolto da una sorta di collasso psicotico di massa. Ma il problema resta sempre lo stesso: la responsabilità delle classi dirigenti e la loro capacità di dirigere. Se si è timidi con l'idea che l'avversario non vada sconfitto ma annientato, inevitabilmente la politica si tramuta in guerra civile. Un sondaggio mostra che il 40% dei Democratici ritiene accettabile l'uso della forza per rimuovere Trump, mentre il 25% dei Repubblicani giudica legittimo l'intervento dei militari contro le proteste. Se queste concezioni si "lasciano passare", anche una democrazia "funzionante" come quella americana diventa a rischio. Perché le istituzioni resistono solo fino a quando restano in piedi guarnigioni, fatte di donne e uomini in carne ed ossa, pronte a difenderle.

Quando le "deviazioni" smettono di essere contrastate e perfino l'uccisione violenta viene tollerata, allora si dissolve anche il valore delle istituzioni democratiche, per quanto efficienti esse possano essere: oggi in America, domani a casa nostra.

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