«Andava in giro in bicicletta, giocava a carte con gli amici, il giorno prima della febbre aveva potato il giardino. Era mio padre, aveva 80 anni ma stava bene. È morto di coronavirus».
Omar è un piccolo imprenditore e vive nella zona rossa del Basso Lodigiano. Una settimana fa gli è caduto il mondo addosso. «Tutto inizia il 16 febbraio: mio padre comincia ad avere forte mal di testa, martedì 18 va dal dottore, bravissimo, scrupoloso, e sembra una normale influenza: tachipirina e antibiotici. Ma resta la febbre: 38,5, poi scende, poi 38,5. Mercoledì dice: Chiama il dottore, non sto bene. Tosse forte non ce l'ha. Il giorno dopo il medico non arriva, veniamo a sapere che sta male, contagiato anche lui. Venerdì chiamiamo la Croce rossa ed è il giorno in cui si scatena tutto mediaticamente. È un calvario di attese e chiamate ma non si fa vedere nessuno. Sabato arriva la Croce rossa e lo portano via, a Lodi». «Passa il sabato senza notizie - prosegue il racconto - e la domenica riceviamo una chiamata e andiamo. Non vi dico il caos: gente che fa il tampone, altri che aspettano l'esito. Andate a casa, ci dicono. E così è. Lunedì nessuna notizia, martedì ottengo il numero del reparto e chiamo. Lì la doccia fredda: Ha il coronavirus. L'hanno trasferito nel reparto blu, stabile ma cosciente. Mercoledì chiedo di vederlo ma mi ferma un carabiniere: Mi spiace, non può passare senza il documento del prefetto. Piangendo chiamo un numero verde per capire che fare, e mando a trovarlo un mio parente che abita fuori dalla zona rossa. L'ho visto - mi dice - era nel dormiveglia».
Il giorno dopo è quello in cui tutto si consuma: «Arriva il lasciapassare del prefetto. Venga a Lodi, mi dicono. Vado, mi vestono con guanti, camice, calzari, mascherina e maschera per gli occhi. Mi riconosce, è contento di vedermi. Davanti a lui un compaesano, questo forse lo solleva un po'. È intubato con l'ossigeno e idratato con le flebo». «L'ho visto per 15 minuti circa ed è stata l'ultima volta». All'ospedale, ovvio, anche confusione: «Provo a parlare coi medici, uno mi dice che sta bene ma a me non sembra, mi richiama scusandosi: c'è stato un errore. Suo padre è in condizioni critiche. Poi una dottoressa mi gela: Si è aggravato, non passerà la notte. Mi casca il mondo addosso».
Il padre era un uomo forte: «Aveva fatto la polmonite 4 anni fa, con una ricaduta l'anno dopo, la cosa più seria la prostata, superata. È tutto incredibile. All'ospedale hanno fatto il massimo lo so, tanto di cappello, ma mi chiedo: è giusto che un uomo muoia così, senza che sua moglie possa sapere cos'ha per giorni? E chissà quanti sono nelle stesse condizioni. Mi consola in parte il fatto di averlo visto, ma mia madre e mio fratello non hanno avuto la stessa possibilità. Non siamo animali, un uomo anziano malato ha bisogno anche di assistenza morale».
Omar non ha fatto tamponi e neanche i familiari: non hanno sintomi. È in isolamento, come il Basso Lodigiano. «Ha chiamato l'Asl per sapere cosa ha fatto mio padre, di certo non è stato in Cina, al massimo al bar. Io Mattia, il paziente 1, lo conosco, come tutti, ma qui si dice che da mesi ci sono polmoniti difficili da curare. I medici fanno miracoli, come a Lodi, ma non so bene a cosa serva tutto ciò, se il virus era in giro da un mese».
Omar è un piccolo imprenditore e la vita prima o poi ripartirà: «Bar, negozi, è tutto chiuso salvo panettiere e farmacie. Sembra un film, si sentono le ambulanze andare avanti e indietro. Ci hanno isolati come appestati e si salvi chi può, ma speriamo che tolgano questa zona rossa. Avviare un'impresa non è facile, rimettersi in pista non è facile». Le misure del governo, qui, le giudicano risibili: «Ridicole sì, rinviano le bollette e gli adempimenti. Così avrò da pagare due cose insieme invece di una. Non so come faremo, gli ordini sono fermi, un amico ha buttato via 30mila euro di materie prime, i mungitori non possono più entrare a mungere anche le mucche. Chi paga? Speriamo di tornare alla normalità ma non so, resterà per sempre una ferita.
La gente non è cambiata, sono tutti uniti e solidali, ma è cambiato tutto il resto. Mia madre è scioccata, tanti ci hanno fatto le condoglianze. Mio padre l'hanno portato dall'ospedale al cimitero, con una benedizione e la promessa di celebrare almeno una messa, prima o poi. Si chiamava Gianni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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