Cronache

Chi ha "l'immunità ibrida": cosa succede nel nostro corpo

Quando vaccini anti-Covid e infezione naturale si incontrano, l'organismo può sviluppare un tipo di immunità che gli esperti definiscono "ibrida": ecco di cosa si tratta

Chi ha "l'immunità ibrida": cosa succede nel nostro corpo

La variante Omicron del Covid-19 e tutte quelle che l'hanno preceduta, hanno contagiato decine di milioni di italiani: le ultime stime parlano di almeno 8-16 milioni di positivi soltanto nell'ultimo mese, numero ben più alto dei dati reali che si ricevono quotidianamente. Ognuno di noi, ormai, conosce più gente in quarantena (e immuni) che persone negative al Sars-CoV-2. Addirittura, il 3,3% della popolazione si è infettata per ben due volte.

Cos'è l'immunità ibrida

Chi è guarito e magari pure vaccinato con tre dosi, sente addosso una sorta di "invincibilità" e sollievo per il pericolo scampato sognando un ritorno immediato alla vita pre-Covid. Il mood psicologico è quello che più conta in questi casi, e una ritrovata allegria dopo due anni di sofferenza rende senz'altro meno amara la quotidianità. Ma c'è anche un'altra ottima notizia: il mix tra infezione naturale e vaccinale crea quella che gli scienziati chiamano "immunità ibrida", "che deriva cioé dalla protezione combinata di anticorpi indotti dal vaccino preesistenti e anticorpi naturali derivati da 'un’infezione rivoluzionaria', che si verifica cioè dopo la vaccinazione", scrivono gli esperti.

"La migliore protezione possibile"

Così come il vaccino dà una protezione diversa che varia da individuo a individuo, lo stesso vale per questo tipo di immunità, mediamente molto elevata ma che diminuisce nell'arco del tempo. "È la migliore immunità che si possa ottenere - afferma Shane Crotty, virologo a La Jolla Institute of Immunology - ma non credo che possa sempre bloccare completamente il virus". A quel punto, un ruolo fondamentale lo giocano le cellule T, quelle di lunga memoria, che durano molto più a lungo degli anticorpi che tendono a diminuire nell'arco dei mesi e stimolano in fretta la produzione di anticorpi neutralizzanti quando si viene a contatto con il Sars-CoV-2.

Perché non si è "invicibili"

È per questo motivo che i contagiati attuali, i quali probabilmente hanno incontrato Omicron (prevalente all'81%) rispetto a Delta (19%) sentono una corazza protettiva che certamente non li farà riammalare tanto presto: gli immunologi ritengono "improbabile, ma non impossibile", andare incontro a una nuova infezione con la stessa variante, motivo per il quale è necessario che anche i guariti con tre dosi continuino a indossare correttamente le mascherine, soprattutto di fronte ai soggetti più fragili. La voglia di eliminare ogni barriera, però, è forte. "Difficilmente si può andare incontro a una nuova infezione da Omicron, almeno nel breve periodo, perché la risposta immune, con anticorpi e con linfociti T, è potente e specifica per il virus con cui si viene a contatto", afferma al Corriere il prof. Mario Clerici, docente di immunologia all’Università Statale di Milano.

L'immunologo, però, mette in guardia perché c'è il rischio, basso ma c'è, di poter infettarsi con la variante Delta non ancora scomparsa del tutto "o qualche nuovo ceppo mutato che potrà emergere nei prossimi mesi, scenario piuttosto probabile, finché il virus continuerà a circolare". Recentemente, l'Oms ha frenato da facili entusiasmi sottolineando come la pandemia non sia ancora finita e che, dopo Omicron, è "probabile che emergano nuove varianti" come ha riferito il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

"Il virus è imprevedibile"

Gli esperti sconsigliano vivamente, quindi, di beccarsi volontariamente il virus per ottenere l'immunità ibrida se vaccinati perché, come ci ha insegnato in questi due anni di pandemia, il Covid-19 colpisce anche soggetti perfettamente sani, giovani, che finiscono in condizioni critiche in terapia intensiva. Oltre a poter sviluppare il Long Covid, che colpisce fino al 30% di chi ha contratto l'infezione seppur con lievi sintomi. Ricordiamoci sempre di chi ci sta accanto: quel tipo di immunità non proteggerà gli anziani o immunocompromessi oltre a chi possiede fattori di rischio che predispongono alla malattia grave: queste categorie avranno sempre meno anticorpi rispetto a una persona giovane e sana. "Non è chiaro, tra l’altro, se la gravità della malattia influisca sul livello di protezione ibrida - dichiara al New York Times Akiko Iwasaki, immunologo dell’Università di Yale - Una persona con sintomi gravi potrebbe essere stata esposta a una maggiore quantità di virus, attivando così più anticorpi e quindi una maggiore protezione. Una persona rimasta asintomatica potrebbe non avere una risposta immunitaria così robusta al virus e potrebbe essere più suscettibile alla reinfezione".

E poi, se alcune persone si sono contagiate due volte nonostante booster e ciclo vaccinale completo, significa che l'immunità dura poco decadendo in maniera molto rapida con il passare delle settimane.

Purtropppo, non è ipotizzabile a brevissimo termine un ritorno alla vita pre-pandemica: tutti, anche i vaccinati e gli ex positivi, dovremo osservare le regole che ormai da due anni ci tengono compagnia.

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