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Il virus e il legame coi capelli: "Colpisce di più chi non li ha"

Un farmaco anti-calvizie potrebbe fermare l'avanzata del virus che colpisce maggiormente i calvi a causa di alcuni meccanismi dell'ormone maschile che causa la perdita dei capelli. Ecco cosa ci ha detto il Prof. Lotti, uno degli autori dello studio

Il virus e il legame coi capelli: "Colpisce di più chi non li ha"

Lo studio, ancora in fase di pre-stampa a cui se n'è affiancato successivamente un altro prodotto dall'Università di Yale, negli Stati Uniti, è recentissimo ed apre nuovi scenari nella lotta al Covid-19: il virus attaccherebbe maggiormente i calvi rispetto ai capelluti con un rapporto di tre a uno. Questa "preferenza" non è affatto casuale ma si deve al meccanismo dei recettori ormonali per la calvizie, causa della perdita dei capelli, che agevolerebbe l'avanzata di Covid nell'organismo.

In esclusiva a Ilgiornale.it, ci siamo fatti spiegare quali siano questi meccanismi dall'unico italiano autore di questo studio, il Prof. Torello Lotti, Presidente della World Health Academy Dermatolgy oltre ad essere Professore Ordinario di Dermatologia e Venereologia Università degli studi “G.Marconi".

Prof. Lotti, quali sono i legami tra Covid-19 e alopecia?

"Lo studio è iniziato nel febbraio 2020 ed è stato pubblicato negli Stati Uniti il 1° aprile. Inizialmente, si è partiti da un'osservazione statistica di chi si ammala di Covid: prima della pubertà, il virus colpisce soltanto nello 0,6% dei casi ed il rapporto tra uomo e donna vede gli uomini colpiti in misura molto maggiore, circa 58 a 42%. Tutto questo ci ha fatto domandare: cos'è che cambia in queste tre popolazioni? Prima dell'età dello sviluppo l'attività degli ormoni è assente e, tra maschi e femmine, sappiamo che il testosterone è molto più alto nell'uomo che nella donna. Ma la nostra osservazione va oltre ed abbiamo scoperto che i maschi che vengono più colpiti sono quelli calvi ed il rapporto è, addirittura, di tre a uno".

Come siete arrivati a questa scoperta?

"È necessario fare un passo indietro per vedere cosa accade nel coniglio: l'ormone maschile più efficace che fa perdere i capelli, chiamato diidrotestosterone ed attivato da un enzima chiamato '5 alfa Reduttasi', è in grado di bloccare la produzione di una sostanza che si chiama surfattante polmonare, che è una miscela di lipìdi e fosfolipidi di colesterolo aderente agli alveoli dei polmoni, quelli più piccoli, ed impedisce che si collassino durante l'espirazione, quando si butta fuori l'aria. Il collassamento comporta difficoltà e crisi respiratoria che è quella che viene osservata anche nell'infezione da Covid-19. Ebbene, se a questi conigli viene somministrato un anti-ormone maschile che si chiama flutamide, usato oggi comunemente per impedire la caduta dei capelli nell'alopecia androgenetica, tutto ritorna normale: il coniglio comincia a riprodurre il suo surfattante polmonare e non c'è più il meccanismo di collassamento degli alveoli".

Quindi, il flutamide è "miracoloso"?

"È in commercio da molti anni ed è un anti-androgeno, quindi una sostanza che blocca l'effetto del diidotestosterone, che è la stessa molecola che fa cadere i capelli, assente nei bambini e nelle donne e bassissimo negli uomini che hanno i capelli rispetto a quelli calvi. Da qui viene fuori la nostra ipotesi: questo surfattante polmonare è influenzato dai recettori degli ormoni maschili".

In commercio esiste già una pillola che blocca la caduta dei capelli e che, quindi, potrebbe bloccare il virus?

"Si, è la finasteride che blocca questa caduta. Si è visto che coloro i quali hanno un'ipertrofia prostatica o che perdono i capelli e prendono la finasteride, si ammalano meno di Covid. Se noi riduciamo l'espressione dei recettori degli androgeni che vengono saturati dalla finasteride, questa ridotta espressione non permetterebbe al Coronavirus di infettare gli pneumociti, specialmente quelli di tipo II, perché troverebbe un surfattante normale".

Come fa il Coronavirus ad attaccare l'alveolo del polmone?

"Abbiamo visto che questo virus è come una palla da biliardo con una corona e tante piccole spike, piccole spine che vengono fuori. Una di queste 'spine' si attacca ad una molecola chiamata Ace2 e la ridotta attività dell'Ace è direttamente proporzionale alla riduzione dell'attività degli ormoni androgeni. Se quindi si saturano i recettori degli androgeni, l'enzima di conversione non sarà espresso al livello dell'alveolo del polmone ed, in questo modo, il virus non potrebbe più attaccare non riuscendo a provocare la malattia. In sostanza, entra a vuoto".

In sostanza, i calvi per prevenire un eventuale contagio da Covid-19, potrebbero prendere la finasteride?

"Certamente, dovrebbe essere assunta in maniera preventiva. Se si prendesse il giorno dopo che il virus è entrato nell'organismo non succederebbe nulla. Ed a questo punto viene fuori il nostro studio pubblicato negli Stati Uniti il 1° aprile. Dopo 5 settimane e mezzo, il 12 maggio, il gruppo dell'Università di Yale pubblica sul proprio giornale come gli inibitori del '5 alfa Reduttasi', grazie alla dutasteride, che è la finasteride potenziata, blocca i livelli di Ace2 che si abbassano in maniera tale che il virus non entra più nè negli alveoli polmonari, nè nelle cellule cardiache".

Quindi, anche gli americani hanno confermato il vostro studio?

"I colleghi di Yale, dopo sei settimane, hanno confermato il nostro studio andando oltre perché hanno verificato il meccanismo del collasso degli alveoli polmonari e grazie alla modulazione verso il basso dei livelli di Ace2, il virus non entra più, non trova più i recettori per poter entrare dentro le cellule umane. Se non entra dentro le cellule, il virus passa come un bicchiere d'acqua senza riuscire ad infettare l'organismo".

Quale può essere l'eco internazionale di questa scoperta?

"Secondo noi è importantissima: è chiaro che va raffinata ma dovremo trovare una nuova molecola, che non sia finasteride o dutasteride, perché sappiamo che nelle donne fertili non potrebbero essere prescritte. Dobbiamo trovare un anaologo, e ci stiamo lavorando da tempo, che inibisca i recettori degli ormoni androgeni così che il virus non trovi più nessun punto per attaccarsi. Di conseguenza, anche se lo prendessimo, se non trova una chiave che apre la porta per entrare nelle cellule, il gioco è fatto".

Quindi, un farmaco potrebbe sostituire o affiancare il vaccino che verrà?

"Non solo si potrebbe affiancare, ma è previsto che il vaccino sarà poco efficace in una grande quantità di persone per mille ragioni, legate soprattutto alla natura del Coronavirus, un virus della Sars. Un potenziale farmaco potrebbe diventare il meccanismo di blocco della malattia ad un costo molto più basso del vaccino e con dei rischi molto inferiori, perché i recettori sono specifici e gli effetti del vaccino sono sotto una lente di ingradimento e, ad oggi, non ci sono certezze".

Quali sono le controindicazioni in chi assume la finasteride?

"Ad oggi è descritta una 'sindrome post-finasteride': chi la prende per molto tempo e poi la interrompe può andare incontro ad una riduzione dell'attività sessuale o depressione. Questo, però, non ha portato alcuna autorità sanitaria nel mondo ad impedirne l'uso per prevenire la calvizie (alopecia androgenetica) e l'ipertrofia prostatica o il tumore prostatico. Sono queste le due grandi indicazioni di finasteride e dutasteride. Di conseguenza, effetti collaterali non ne sono descritti: non conosciamo i contorni reali della sindrome, quante persone sono coinvolte o se ci siano altri meccanismi a provocarla. Per quello che si è visto finora, dopo 25-30 anni che si utilizza, non abbiamo riscontrato reali effetti collateriali".

Quindi, si può affermare che i calvi muiono di più rispetto a chi ha più capelli?

"Diciamo che coloro che hanno una maggiore attività dei recettori della '5 alfa Reduttasi', che è ciò che succede nei calvi, muoiono di più per Covid-19. Per chi ne ha meno, come succede ai bambini prima della pubertà, nella donna e sull'uomo ben capelluto, va meglio".

Qual è la percentuale dei malati di Covid calvi rispetto a quelli che hanno i capelli?

"Abbiamo chiesto ai ministeri della Salute di tutto il mondo di dirci, sulle persone morte per Coronavirus, che tipo di alopecia avessero e fornire i numeri. Ma la situazione è talmente in evoluzione che non abbiamo ancora una risposta.

Credo, però, che l'informazione giornalistica serva a veicolare un dato che si basa su due pubblicazioni scientifiche, prima la nostra e dopo quasi sei settimane quella dell'Università di Yale, tra le prime dieci università nel mondo, ed ambedue identificano nel meccanismo dei recettori ormonali per la calvizie uno dei principali con cui il virus a portare malattia e morte. Negli altri casi, o rimane asintomatico o passa come una leggera influenza".

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