Culle vuote e frontiere aperte: boom di stranieri italianizzati

Per l'Istat natalità mai così bassa dalla Prima Guerra mondiale Ma abbiamo donato la cittadinanza al 30% in più di immigrati

La guerra demografica delle culle vuote ci sta colpendo quanto la Prima guerra mondiale, sempre più italiani espatriano, gli stranieri regolari aumentano ma a ritmo sempre più lento. E, contraddicendo la vulgata, non riescono a correggere la tendenza nazionale all'invecchiamento che ha fatto salire l'età media del Paese a 44,4 anni. Per chi crede nel potere descrittivo dei numeri, queste sono le tendenze narrate dall'ultimo bilancio demografico annuale Istat.

Colpisce ovviamente il dato del saldo naturale (nati meno morti) mai così negativo dal 1917-18. E affacciati alla finestra dei tg su bivacchi di migranti sbarcati dall'Africa e incagliati negli scogli di Ventimiglia, viene naturale chiedersi che ruolo avrà da qui a qualche anno la «bomba» migratoria nella guerra demografica che si combatte in Italia. Secondo alcune stime l'ondata migratoria che ha portato a 360.000 sbarchi negli ultimi cinque anni, potrebbe crescere fino ad altri 750.000 nei prossimi anni.

Per Gian Carlo Blangiardo, docente di Demografia all'Università Milano Bicocca, è difficile fare previsioni sull'impatto di questa marea dall'Africa, perché è impossibile dire quanti davvero resteranno in Italia. Meglio basarsi sui numeri degli stranieri residenti forniti dall'Istat, che forniscono indicazioni utili. E non scontate. Sopratutto quelli susulla conquista della cittadinanza e sulla dinamica delle nascite nelle famiglie immigrate. Entrambi, stando al professore, contraddicono il rumore di fondo del dibattito nostrano sull'immigrazione. «Chi ripete lo slogan che ci penseranno i figli degli stranieri a riempire le nostre culle vuote in gran parte si sbaglia -dice Blangiardo- I dati sulla natalità degli stranieri che vengono a vivere in Italia non sono così “brillanti”». Il record di denatalità del 2014, conferma l'Istat, dipende ovviamente dal fatto che noi italiani facciamo sempre meno figli, ma anche gli stranieri si adeguano in fretta alla tendenza: «Anche il contributo positivo alla natalità generato dalle donne straniere mostra i primi segnali di un'inversione di tendenza. Negli ultimi due anni il numero di bambini stranieri nati in Italia ha iniziato progressivamente a ridursi». Nel Nord-Est e nel Centro Italia la percentuale di figli di immigrati sul totale dei nati è addirittura diminuita di oltre il 4%. «È evidente -spiega Blangiardo- che c'è un legame con la crisi. C'entra poco la cultura, le condizioni in cui le coppie progettano una nascita sono difficili, prive di sostegno esterno. Nel Ventennio si davano premi alle mamme prolifiche e il ricordo è troppo fresco: ora che siamo democratici è diventato un tabù. In Francia invece funziona».

L'altro elemento sorprendente nella lettura del futuro della nostra società (già multietnica, nel Belpaese sono rappresentate 200 nazionalità), è quello dell'acquisizione della cittadinanza. «Mentre si perde tempo a discutere di ius soli e ius sanguinis -graffia Blangiardo- la nostra vituperata legge in un anno ha consegnato la cittadinanza italiana a 130.000 persone. Il 30% in più dell'anno precedente».

Una dinamica destinata ad aumentare in modo esponenziale: «Se guardiamo all'Italia tra vent'anni -prevede il professore- scopriamo un'Italia che ha ancora 60 milioni di abitanti, ma in cui gli stranieri sono il doppio dei 5 milioni di oggi. Ed è vero che la legge sulla cittadinanza richiede un'attesa di dieci anni, ma ogni anno che passa maturano un numero sempre maggiore di richieste. Abbiamo calcolato che in 15 anni saranno 2,5 milioni gli stranieri che avranno già acquisito la cittadinanza e dieci milioni i potenziali richiedenti». Secondo lo studioso proseguirà la tendenza a concentrarsi nel Centro-Nord e non solo nelle grandi città, seguendo catene migratorie per nazionalità: «Ad esempio a Lecco ci sono tanti immigrati dal Burkina Faso, perché ci si sposta sulle tracce di parenti e amici».

Blangiardo vede più lontano nel tempo l'impatto sui costumi legato alle differenze religiose, mentre già tra 15-20 anni gli immigrati saranno una presenza più visibile di oggi e con vero peso politico. «I sondaggi smentiscono il luogo comune che siano a maggioranza di sinistra -sostiene il docente- ma bisogna vedere chi riuscirà a mobilitarli di più».

E l'influenza sulla cultura e la convivenza civile? «Dipende dalla nostra capacità di amalgamarli nella nostra identità, che però non è fortissima. E dal modo in cui sapremo allontanare la componente criminale, permettendo alla maggioranza di brave persone di vivere come tali». E anche qui finora non abbiamo ottenuto grandi risultati.

di Giuseppe Marino

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