Una cultura veloce per giovani senza memoria

Una cultura veloce per giovani senza memoria

Una classe di liceo, ultimo anno, non importa dove. Non ricordi perché ma si finisce a parlare di quei visionari che sognavano un'Italia senza lo straniero, magari senza frontiere, persino senza un re. Qualcuno in terza o quarta fila alza la testa. Più avanti sussurrano risorgimento. Poi tu dici carboneria e noti nello sguardo che quella parola stranisce, come se non avesse senso. Carbonari, li conoscete no? Veramente, no. Un ragazzo simpatico dice: quelli che portavano il carbone. Un altro azzarda: gli spazzacamini. La più coraggiosa ti sfida: erano terroristi che si riunivano in segreto. Sorridi e pensi che c'è del talento in questa risposta. Non è sbagliato. Gli austriaci, in effetti, li vedevano così. La professoressa si scusa: non sono arrivati ancora a quella parte del programma. Non ce n'è bisogno. Non è un problema di una singola scuola. I carbonari sono finiti fuori memoria. Non fanno parte più della cultura generale, come tanti altri nomi, luoghi, personaggi, pezzi di storia, leggende, interi archivi di memoria spazio-temporale. Spariti, svaniti, quelli antichi e quelli di pochi decenni fa. Tutta roba vecchia, certo. Roba da quiz. L'anno in cui Hitler fu eletto cancelliere. I concorrenti di Carlo Conti tirano a indovinare e c'è chi spara un 1979. Non serve indignarsi. La realtà è che da tempo la storia è un deserto senza più punti di riferimento. Non ci sono più date, neppure quelle cardine che segnano una svolta: la scoperta dell'America, il Rinascimento, la rivoluzione francese, la Prima e Seconda guerra mondiale. Le nuove didattiche ti fanno navigare a vista ed è una notte in cui tutte le vacche sono nere. Sì, questa è la critica di Hegel alla filosofia di Schelling, ma sembra il ritratto della società italiana. C'è chi si affanna a rivendicare la tradizione del Pci o della Dc e non sa che Berlinguer è un nome che non dice nulla e se scrivi balena bianca non c'è più alcun collegamento non solo con Moby Dick ma neppure con la Democrazia cristiana. È una rete senza più hard disk. Non c'è più Brenev e di Gorbacëv è sparita pure la voglia scura sulla testa. Reagan e Mitterrand latitano, Fanfani seppellito, mai esistiti Gui e Tanassi e forse è meglio così. Non ci sono più Coppi e Bartali, Rivera e Mazzola. Non c'è Berruti e si scolora Mennea. Ti hanno chiesto se conosci l'autore di quel romanzo che parla di una squadra di calcio precipitata in aereo. Non c'è memoria di Buzzati o di Brera e a Napoli si chiedono se Edoardo De Filippo sia il nonno di Maria De Filippi. Milano non ricorda Gaber e Battisti è una luce fioca che si allontana. È normale, ti spiegano. Non si può rimpiangere il nozionismo. Perché chiedere a chi è nato nel ventunesimo secolo di ricordare il Novecento? Questa roba vecchia non è spazzatura. È una trama. È quello che bene o male ti racconta come italiano. Ti serve per non smarrirti se vai via, serve a chi arriva per ricominciare una vita. Non puoi accogliere qualcuno se non sai chi sei, ma forse noi non lo abbiamo mai saputo. Sappiamo solo urlare e mischiare le carte del passato. Tutti bravi a riconvertirsi il giorno dopo.

Come scriveva Churchill: «Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni di antifascisti. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti». La memoria corta, aiuta.

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