Cronache

Daisy Oskue, parla il figlio del consigliere Pd: "Il razzismo non c'entra. Non sapevamo che fare"

Dopo l'aggressione alla discobola, a parlare è Federico, il ragazzo che quella sera era alla guida dell'auto: "Siamo stati dei cretini"

Daisy Oskue, parla il figlio del consigliere Pd: "Il razzismo non c'entra. Non sapevamo che fare"

Quella che è stata soprannominata la "banda dell'uovo" ha colpito Daisy Osakue domenica 29 agosto a Moncalieri, Torino.

I tre ragazzi italiani sono stati individuati e uno di questi è pure il figlio di un consigliere del Partito democratico, Roberto De Pascali. E proprio su di lui è ricaduta una parte dell'attenzione pubblica. Il motivo? I giorni immediatamente successivi all'aggressione a Daisy, la Sinistra - come da copione - ha iniziato a parlare di "attacco razzista". E per questo motivo, se l'era presa con il ministro dell'Interno e con le sue politiche che - a loro dire - "incitano all'odio razziale".

Ora, l'attenzione è ricaduta sul figlio del consigliere del Pd. Il giovane si chiama Federico De Pascali ed è stato intervistato da La Stampa. In quattro battute ha voluto esprimere tutto il suo dispiacere e ha ribadito che il movente "razzismo" non sussiste. "Perché abbiamo lanciato le uova? Perché non sapevamo cosa fare. L'abbiamo sentito dire in giro e l'abbiamo fatto anche noi. Comunque lo giuro, il razzismo non c'entra nulla. Adesso vorrei solo chiedere scusa a Daisy", dice il ragazzo. Scuse e giustificazioni non troppo forti. Eppure sono quelle che lui ha utilizzato con la stampa.

Il ragazzo, poi, racconta che quella sera era a bordo dell'auto: era lui a guidare, "non ho visto chi ha tirato le uova tra i miei due amici". Federico - dice - che la "banda dell'uovo" ha capito la gravità del loro terribile gesto quando hanno inziato a parlarne tutti. Stampa, Facebook, Twitter, televisione... "Abbiamo subito pensato di costituirci (cosa che non hanno fatto, ndr) - spiega -. Uno di noi è stato male e siamo tornati a Torino". Poi il resto lo hanno fatto i carabinieri, ovviamente, perché loro se ne sono andati al mare. L'adolescente, quindi, confessa che lui e i suoi amici avevano lanciato le uova già altre volte, "solo per divertirci, per sporcare i vestiti".

Nell'intervista Federico si pente (a modo suo), dice di non aver parlato con suo padre "perché non ho avuto tempo, sono tornato dal mare mercoledì sera e quando mi sono svegliato c'erano i carabinieri in casa" (giustificazione piuttosto debole visto il putiferio che hanno scatenato e visto il forte desiderio di costituirsi. Ricordiamo che loro hanno agito domenica, ndr) e confessa che dopo aver lanciato il primo uovo sono passati al secondo. "Siamo stati dei cretini - conclude -. Non sono un razzista. L'abbiamo scelta a caso.

In quella zona abita un mio amico, il razzismo non c'entra".

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