Datevi uno scudo dal virus dei giudici

La coesione nazionale è già bella che finita. Come il virus ha allentato la sua morsa sugli uomini riparte la bagarre, e i magistrati non vogliono perdere la ghiotta occasione di tornare protagonisti dopo essere stati a cuccia per un paio di mesi

Datevi uno scudo dal virus dei giudici

La coesione nazionale è già bella che finita. Come il virus ha allentato la sua morsa sugli uomini riparte la bagarre, e i magistrati non vogliono perdere la ghiotta occasione di tornare protagonisti dopo essere stati a cuccia per un paio di mesi. Già partono le prime inchieste, già qualcuno sogna teste rotolare sotto la scure dei pm che si reinventano esperti in medicina con specialità in virologia, sostenuti da giornalisti patetici e ormai anziani reduci della stagione di Mani Pulite, la solita compagnia di giro che vede in prima linea La Repubblica guidata da due comunisti mai pentiti, il direttore Carlo Verdelli e il tuttologo Gad Lerner, il primo a caccia di copie, il secondo di un ritorno di notorietà dopo una serie infinita di flop.

Noto che la classe politica tutta è impaurita all'idea di un ritorno della stagione delle manette e così - pensando di non irritare i magistrati già all'uscio con la bava alla bocca - tentenna a tutelarsi, rischiando di fare la stessa fine che fece nel 1992 quando rinunciò all'immunità parlamentare e fu l'inizio della sua fine. Solo che allora parlavamo di presunti corrotti, oggi la questione è ben diversa. Oggi c'è stata - ed è in corso - una guerra non dichiarata che ha preso tutti alla sprovvista. Noi non abbiamo risparmiato critiche, segnalato ritardi ed errori e così continueremo a fare. Ma parliamo di una guerra, non di una rapina, che stiamo certo combattendo anche con generali non all'altezza, colonnelli titubanti e pure qualche imboscato, ma questo era quello che democraticamente passava il convento.

Pensare di consegnare tutti - dal premier all'ultimo consigliere comunale o amministratore di un ospizio - al plotone di esecuzione della giustizia può accontentare la frustrazione senile di qualche giornalista, ma non riporterà nessuno in vita né renderà onore allo sforzo enorme che il Paese ha fatto in buona fede.

Per cui, cari politici, il consiglio non richiesto è di varare fino a che siete in tempo per voi e per chiunque sia stato al fronte, soprattutto per i medici e gli infermieri, uno scudo penale e civile a prova di Davigo. Non sarà per salvare le vostre persone ma il Paese dalla furia giustizialista che aggiungerebbe solo nuovi danni a quelli provocati dal virus.

Chiedete scusa degli errori certamente commessi, non per dolo, e fatevi giudicare dagli elettori invece che da improvvisati esperti di epidemie non in camice bianco ma in toga nera (la stessa categoria che spalleggiata dall'Espresso - guarda caso settimanale di Repubblica - nel 2014 mise sotto processo Ilaria Capua, la virologa che tutto il mondo ci invidia, salvo poi scoprire che si trattava di un'enorme bufala giornalistica e giudiziaria).

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