Cronache

Davigo vuol restare al Csm ma sbaglia tribunale

Davigo non molla la poltrona ma sbaglia giudice e tribunale

Davigo vuol restare al Csm ma sbaglia tribunale

Ha sbagliato giudice, semplicemente. Piercamillo Davigo, pensionato che non vuole lasciare la toga, ha contestato la sua decadenza dal Csm del 19 ottobre scorso, ma il suo ricorso al Tar del Lazio è stato dichiarato «inammissibile». La competenza non è nostra, hanno detto in sostanza i giudici amministrativi, ma del giudice ordinario «dinanzi al quale la domanda potrà essere riproposta».
È il «difetto di giurisdizione» del Tar che già Palazzo de' Marescialli ha contestato all'ex pm di Mani Pulite, attraverso l'Avvocatura dello Stato. Ma Davigo è andato avanti, malgrado sia già stato rimpiazzato dal togato Carmelo Celentano. Ha insistito per non lasciare la scena soprattutto della sezione disciplinare del Csm quando ancora non è chiuso del tutto il caso Palamara, visto che l'ex presidente dell'Anm è stato radiato 10 giorni prima che lui andasse in pensione, ma c'è ancora da giudicare 6 componenti dell'organo di autogoverno della magistratura, costretti alle dimissioni sempre per il traffico correntizio delle nomine.
È arrivato però l'alt del tribunale amministrativo, in una sentenza breve ieri depositata dalla prima sezione che non entra nel merito della questione. Si spiega che il Csm ha ragione quando afferma che, «a seguito del collocamento a riposo, il dottor Davigo, in quanto componente togato dell'organo, non sarebbe più in possesso di un (pre)requisito necessario per mantenere la carica». Lo fa in base ad una interpretazione del panorama legislativo e dei principi che afferma, la cui correttezza è contestata dal ricorrente, ma che al Tar appare ineccepibile. Si basa sulla giurisprudenza in materia di elezioni amministrative sulla «devoluzione al giudice ordinario delle controversie afferenti questioni di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità dei candidati (concernenti diritti soggettivi di elettorato)». Per i magistrati amministrativi ci sono in questo caso delle differenze «che rendono l'odierna controversia peculiare» rispetto ai precedenti, ma «le diversità esistenti non sono significative al fine di affermare la giurisdizione del giudice amministrativo». Infatti, «la situazione giuridica del soggetto in possesso dei requisiti per mantenere la carica assunta a seguito delle elezioni è comunque di diritto soggettivo».
Dunque, la vicenda non riguarda una delle materie di competenza del Tar, e «la relativa cognizione deve essere riconosciuta al giudice ordinario». Tesi confermata da una pronuncia delle sezioni unite della Cassazione del 2012, «che riguarda la pronuncia di cessazione dalla carica per collocamento a riposo del magistrato».


Ora Davigo e il suo legale Massimo Luciani, se vogliono proseguire con i ricorsi, sanno a quale giudice rivolgersi.

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