Debito & tasse: l'energia ridotta a bega elettorale

Andrea Orlando, ministro del Lavoro, è uno dei big del Pd. Le sue parole pesano molto nella definizione identitaria del principale partito della sinistra italiana

Debito & tasse: l'energia ridotta a bega elettorale

Andrea Orlando, ministro del Lavoro, è uno dei big del Pd. Le sue parole pesano molto nella definizione identitaria del principale partito della sinistra italiana. E a leggere la sua ultima intervista, ieri su Repubblica, con tutta la buona volontà l'appellativo del «partito delle tasse» risulta più che mai azzeccato. Come se per il Pd fosse naturale insistere sempre sullo stesso punto. Più tasse. L'ultima proposta è alzare oltre il 25% l'aliquota della neo-imposta introdotta pochi mesi fa dal governo Draghi sugli «extra profitti» delle società energetiche.

La questione, come arcinoto, è la bolletta di luce e gas, che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese italiane. Un problema drammatico per la stabilità economica e sociale del Paese, più dei lockdown del primo Covid, più dello spread, più di ogni possibile crisi politica. La soluzione la stiamo cercando in tutta Europa, a ogni livello. E al momento non è affatto a portata di mano. Per questo fa impressione la sicumera con cui, a sinistra, si punta diritti sulle tasse come panacea di ogni male. A maggior ragione di fronte a questa nuova imposta sugli extra profitti.

Come ricorda l'Istituto Bruno Leoni nel suo ultimo editoriale, la tassa in questione presenta almeno due gigantesche anomalie. La prima è la base imponibile: per «extra profitto» si intende la «differenza nei saldi Iva tra due periodi (ottobre '21-aprile '22 contro ottobre '20-aprile '21), di cui il secondo in gran parte coincidente con un lockdown». Quindi a essere tassato è il fatturato, non l'utile lordo, né (come sembra corretto) quella parte di utile che deriva specificamente dall'attività commerciale legata alle dinamiche di mercato del prezzo del gas. La seconda anomalia è data dal quantum: un'aliquota fissata con un decreto legge di marzo al 10%, ma poi elevata di due volte e mezzo fino al 25% in fase di conversione. Inoltre, per chi non può o vuole pagare questa imposta, la legge «esclude gli strumenti di agevolazione connessi ai ritardati pagamenti quali il ravvedimento operoso e anzi raddoppia la sanzione ordinaria, dal 30 al 60%». In altri termini una mancanza di garanzie che veste l'intervento pubblico nei confronti del contribuente di quell'arroganza che spesso viene associata alle vessazioni dello Stato.

Dopodiché, di segno uguale e contrario troviamo che sia anche la soluzione proposta da Salvini, che calcola in 30 miliardi il fabbisogno degli italiani per far fronte al caro bollette e che risolve il problema proponendo extra deficit. Una soluzione apparentemente semplice ma irrealistica che, in fin dei conti, è l'altra faccia della stessa medaglia: caricare tutto sulle spalle del contribuente, debito o tasse che siano, e poi si vedrà.

Purtroppo, di fronte a un'emergenza economica che non ha uguali, il clima elettorale sta spingendo i partiti a cercare scorciatoie sempre più brevi e inverosimili. Il modo peggiore per affrontare un'emergenza che è invece reale.

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