Coronavirus

La differenza tra scienza e politica

È in questi momenti che la politica deve riappropriarsi di spazi che spesso ha colpevolmente trascurato o demandato ad altri.

La differenza tra scienza e politica

È in questi momenti che la politica deve riappropriarsi di spazi che spesso ha colpevolmente trascurato o demandato ad altri. Le conoscenze scientifiche sono fondamentali nel contribuire ad arrivare a decisioni quali la riapertura parziale delle attività, ma non possono essere l'unico aspetto da prendere in considerazione.

Fino a pochi mesi fa gli scienziati dovevano lottare duramente per farsi ascoltare dai politici, che consentivano nelle aule parlamentari convegni su argomenti senza alcuna base scientifica, come l'omeopatia, l'iridologia e l'agricoltura biodinamica. Nel dibattito sull'obbligo vaccinale che si è svolto qualche tempo fa si sono ascoltate nell'aula del Senato delle bestialità tali da fare drizzare i capelli a chiunque abbia in minimo rispetto la scienza.

Di colpo, la situazione è cambiata: la scienza non solo è l'unica strada per vincere il coronavirus (questo è vero, ed è comprensibile avere delle aspettative), ma «gli scienziati» e «i medici» sono diventati improvvisamente quelli che devono decidere se riaprire i bar e i ristoranti, se riprendere le lezioni a scuola, se permettere lo spostamento dei cittadini e la ripartenza delle attività produttive.

Il primo atteggiamento era sbagliato, ma anche il secondo lo è, per due motivi. In primo luogo, la conoscenza scientifica si basa su osservazioni ed esperimenti. Quando si parla di un virus che è apparso sulla faccia della terra tre mesi fa e nel nostro mondo occidentale il 20 febbraio è prevedibile che a un grandissimo numero di domande la risposta sia «ancora non lo sappiamo».

Ma anche quando sappiamo con precisione la risposta a delle domande, comunque la scienza non può prendere il posto della politica. La scienza dice che il casco diminuisce del 40% le morti in caso di incidente motociclistico: eppure negli Usa in due Stati (Illinois e Indiana) l'uso del casco non è obbligatorio, in molti altri sì; addirittura in Florida e Michigan si può andare in moto senza casco, a patto di avere un'assicurazione medica. La scienza dà indicazioni identiche, poi sono i politici che devono scegliere e lo fanno, com'è evidente, in tutta indipendenza.

Se pensate di dare degli incivili agli statunitensi per il casco, aspettate: in Italia è perfettamente legale mangiare carne di cavallo, che fa parte di alcune prelibatissime ricette locali (la «vecchia» a Parma è una delizia); invece negli Usa macellare i cavalli è severamente vietato e mangiare un cavallo è per loro quello che è per noi mangiare un cane. E, sempre parlando di cani, perché è legale uccidere un topo o mangiarsi un coniglio, ma è vietato uccidere un cane o un gatto? Capite che non è la scienza a tirare le linee, ma la politica. Se si è maggiorenni a 18 anni non è perché la scienza ha notato cambiamenti nell'essere umano in quella precisa data: è perché la politica ha deciso così.

Allo stesso modo, quando parliamo di riaperture e via dicendo, la scienza può oltre al cercare più rapidamente possibile un vaccino o una cura che risolvano definitivamente il problema soltanto dire quello che sa: come si trasmette la malattia, quali comportamenti possano essere pericolosi e quali possono essere le conseguenze dell'infezione. Come tradurre queste informazioni, ancora parziali e incerte, in provvedimenti concreti non è compito della scienza, altrimenti ci troveremmo in una dittatura (della scienza, ma pur sempre dittatura), e invece per nostra fortuna la Repubblica Italiana è una democrazia.

Per farla breve, gli ingegneri e gli architetti, grazie alla scienza, possono progettare e costruire un ponte.

Ma dove e quando costruire un ponte per unire due città non può dirlo la scienza: deve prendersi la responsabilità di deciderlo la politica.

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