L'autolesionismo della sinistra non ha confini. Dopo essersi divisi, ricongiunti e poi ancora divisi sul nome languido di Pisapia, oggi si ritrovano, «confusi e felici» con Piero Grasso, leader indiscusso di non si sa bene che cosa, ma non certo di un partito. Diventato presidente del Senato, come espressione del Pd di Bersani, ritorna a Bersani senza il Pd. Un gruppo di atomi politici manifesta a tal punto la debolezza delle singole posizioni da mettersi sotto la tutela di un magistrato. E lui, ambizioso e, sentimentalmente, «ragazzo di sinistra», accetta la loro miserabile e malinconica offerta.
E dire che era stato abile e prudente, arrivando fino a sessantasette anni senza far sapere a nessuno che era stato quel ragazzo. E dopo essersi sentito «quasi coccolato, come se avessi un fratello maggiore che mi aiutava», da Paolo Borsellino, simpatizzante della destra, e dopo essere diventato procuratore nazionale antimafia grazie a un emendamento alla legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario di Luigi Bobbio, senatore di Alleanza nazionale, soltanto nel 2013 ha scelto di candidarsi con un Pd più rosa che rosso.
La politica si nasconde dietro la faccia di un magistrato di cui non si conosce un'idea. Perché un giovane dovrebbe votare Grasso? Perché dovrebbe avere qualcosa in comune con un settantaduenne prudente, conformista, che per cinquant'anni ha nascosto il suo pensiero?
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