Scena del crimine

Il Dna, i rom e il mistero del killer: chi ha ucciso "la signora in rosso"?

A trent'anni dal delitto, si cerca ancora il killer della "signora in rosso". La Procura di Torino riapre il caso e punta tutto sul Dna: c'è un nuovo indagato per l'omicidio

Il Dna, i rom e il mistero del killer: chi ha ucciso "la signora in rosso"?

Un vestito di chiffon rosso e un copricapo in tinta appuntato con una spilla di pietre preziose. Fu così che nella tarda mattinata del 15 settembre del 1991 fu rinvenuta senza vita, sotto il viadotto della tangenziale in località Barauda a Moncalieri, Franca Demichela. Il killer non fu mai rintracciato nonostante il delitto della "signora in rosso" tenne banco sulle pagine della cronaca locale per mesi. Quattro persone furono attenzionate dagli inquirenti tra le quali tre rom di nazionalità slava e il marito della vittima Giorgio Capra.

A distanza di 30 anni dall'accaduto il caso è stato riaperto: il procuratore aggiunto di Torino Enrica Gabetta e il sostituto Francesco Pelosi intendono dare un volto all'assassino della 48enne. Per farlo si affideranno al Dna confrontando il profilo genetico dei sospettati con le tracce biologiche lasciate dal killer sul vestito della donna. Ma non è l'unica novità.

C'è un quinto indagato nel faldone della Procura di Torino. Si tratta di Stanko Stoianovic, 55 anni, uno slavo che al tempo era accampato nella baraccopoli di via Don Milani, nel capoluogo piemontese. "Il mio assistito non c'entra nulla col delitto", dichiara alla nostra redazione il legale del 55enne, Giorgio Bissacco.

Giorgio Capra
Giorgio Capra

Quel cadavere col "vestito rosso"

Tutto inizia una domenica di metà settembre. Un clochard scorge il cadavere di una donna sotto il viadotto della strada Barauda a Moncalieri. Incredulo per il macabro rinvenimento, l'uomo allerta la polizia di tutta fretta. Quando gli agenti raggiungono il luogo della segnalazione notano subito un dettaglio: la vittima indossa un abito rosso di chiffon con anche un foulard in tinta avvolto a mo' di turbante attorno al capo. Tra le dita delle mani sfavillano anelli di rubino e zaffiro, ai polsi e alle caviglie bracciali in oro massiccio. Poco distante dal corpo c'è anche una scarpa col tacco a spillo. Una soltanto. La vittima ha i capelli intrisi di fango e due solchi profondi sul collo semi coperti da un filo di perle: nessun elemento utile per il riconoscimento. Il mistero sull'identità della sconosciuta sembra senza soluzione quando, all'indomani della pubblicazione sui quotidiani locali della foto ritraente il vestito rosso, giunge la svolta. La commessa di una boutique riconosce l'abito di chiffon, ricorda di averlo visto indosso a una donna che era passata dall'atelier il giorno antecedente al delitto. Gli investigatori incrociano le poche informazioni di cui dispongono: si tratta di Franca Demichela. Dalla stampa dell'epoca sarà ribattezzata con l'appellativo de "la signora in rosso".

Chi è Franca Demichela

Una personalità vivace, di indole ribelle ed estroversa. È così che gli amici e i conoscenti di Franca Demichela la descrivono. Originaria del Cuneese, appartiene all'alta borghesia di Torino: il padre era un noto dirigente Fiat, morto due mesi prima del drammatico accaduto. Da circa 14 anni è sposata con Giorgio Capra, un contabile modesto e molto riservato. Invece Franca ama la vita notturna, i bar e le sale da the: "Sono la reincarnazione di Nefertiti", racconta di sé. Si accompagna spesso con gli stranieri: slavi, magrebini e tunisini che conosce occasionalmente per le vie del capoluogo piemontese. Frequenta i campi rom e ai nomadi dispensa vestiti, cibo e viveri di ogni genere in cambio di una seduta di chiromanzia. Donna eccentrica ed estrosa, ha una passione smodata per i gioielli. Al punto che - si mormorò all'epoca - tratta sottobanco per la compravendita di monili con gli slavi. Ed è forse in questo contesto che matura l'omicidio. Forse. Perché né il movente né la dinamica del delitto saranno mai chiariti. Così come l'identità del killer resta ancora oggi un enigma.

Torino

L'autopsia

L'unica notizia certa sul caso de "la signora in rosso" riguarda le modalità del decesso. Gli esami autoptici attestano che è morta per asfissia, tra l'una e le due di notte: l'assassino l'ha strangolata e poi gettata tra i rifiuti al di sotto del cavalcavia. Gli inquirenti sono certi però che il luogo in cui si è consumato il delitto non sia lo stesso in cui è stato rinvenuto il cadavere. Tra gli oggetti mancanti, oltre ai documenti personali e i portafogli, vi è anche una scarpa. Verosimilmente - ipotizzano gli investigatori - è stata uccisa altrove, poi il corpo senza vita è stato caricato in auto e trasportato fino alla Barauda. Al netto di tutte le ipotesi e congetture possibili resta però il mistero di un assassino che non ha lasciato tracce. Chi ha ucciso Franca?

Le indagini sul marito

Nel mirino degli inquirenti finisce Giorgio Capra, il marito della vittima. A gettare ombre sul 51enne è la testimonianza di una vicina di casa della coppia che vive in un appartamento al civico 6 di corso Bramante, a Torino. La donna racconta di aver assistito a un battibecco in strada tra i due coniugi la sera del 14 settembre. I toni della discussione sarebbero diventati accessi al rientro in casa fino a quando la voce di Franca si sarebbe affievolita lentamente a seguito di un rumore sordo, forse "uno sbatter di porta". Una versione che però contrasta con quanto afferma Capra. L'uomo sostiene di aver trascorso la notte a casa della madre, a Val della Torre, dalla quale si era trasferito già da qualche tempo. Ha un alibi di ferro, confermato all'anziana donna. Dopo essere stato trattenuto in carcere per 18 giorni, il 51enne viene prosciolto. "Non l'ho uccisa io", ribadirà con tono fermo a trent'anni dai fatti.

Franca Demichela
La ricostruzione del delitto

I sospetti sui tre rom

C'è anche una pista slava nell'omicidio della signora in rosso e coinvolge tre nomadi dell'accampamento di via Don Milani. Un testimone racconta alla polizia di aver incrociato Franca, alle ore 17 del 14 settembre, in una pellicceria del centro con "un ragazzo alto, snello, carnagione olivastra, capelli lunghi, ondulati pettinati all'indietro con degli stivaletti, di età sui 20-25 anni". Un altro di averla vista in compagnia di alcuni giovani – verosimilmente di etnia rom – al caffè Caval 'd Brons di Piazza San Carlo attorno alle ore 22. "Era con alcuni ragazzi – racconta il teste – erano zingari anche se vestiti bene". Il gruppetto con anche la 48enne si sarebbe poi allontanato dal centro cittadino a bordo di una Golf verso le ore 22.30. Le indagini conducono gli inquirenti sulle tracce di tre ragazzi di nazionalità slava, tra i 16 e i 25 anni: Nikola Stoianovic, Radenko Nicolic e Nenand Jovanovic. "Si è vero - ammetterà un anno dopo il più giovane del gruppo – siamo stati con lei fino alle 22.30 ma poi Franca se ne è andata e non sappiamo dove". Dopo una serie di accertamenti investigativi gli inquirenti ritengono che non ci siano i presupposti per proseguire le indagini. Il quadro indiziario è debole e i tre vengono tutti prosciolti dalle accuse. L'assassino di Franca sembra destinato a non avere né un volto né un nome.

Il quinto indagato a 30 anni dal delitto

A trent'anni dal delitto, lo scorso 22 ottobre la Procura di Torino annuncia la riapertura del caso. Ma c'è di più, una svolta a dir poco clamorosa: c'è il nome di un'altra persona nel registro degli indagati oltre ai tre rom e al marito della vittima. Si tratta di Stanko Stoianovic, un 55enne slavo, che secondo gli inquirenti potrebbe essere coinvolto nella vicenda. Intervistato da Massimiliano Peggio, cronista de La Stampa, l'uomo rimbalza ogni accusa nei suoi confronti. "Ho visto Franca una volta in centro a Torino e un'altra a un matrimonio. - dice - Ho rubato, sì. Ho fatto tanti furti in vita mia ed ho pagato il conto con la giustizia. Da anni non rubo più. Ora sai cosa faccio? Bidoni, sono un truffatore. Ma non ammazzo, non sono un assassino e non uccido le donne".

Noi de ilGiornale.it abbiamo contatto il suo legale, l'avvocato Giorgio Bissacco, per chiedere delucidazioni sulla convocazione. "Il mio assistito non c'entra nulla con questa vicenda", chiarisce Bissacco alla nostra redazione. Ma allora perché è stato iscritto nel registro degli indagati? "Questo non è chiaro. Evidentemente qualcuno dei nomadi ha fatto il suo nome. Ma lui, la signora Franca Demichela l'avrà vista un paio di volte. E non ammazzerebbe mai nessuno". L'ultima parola spetta al Dna. Nei prossimi giorni saranno confrontati i profili dei 5 indagati con le tracce biologiche rinvenute sull'abito della 48enne. A trent'anni dal delitto, si tenta il match genetico per dare un nome e un volto al killer della "signora col vestito rosso".

Forse.

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