Il dna moderato da salvaguardare ad ogni costo

Guai se i liberali rinunciano all'anima moderata

Il dna moderato da salvaguardare ad ogni costo

Berlusconi ha ragione: se quelli che hanno idee liberali rinunciano alla propria impostazione moderata vince la sinistra immoderata o quella legata ad ambienti finanziari e, talvolta, la destra estremista, di per sé avventurosa. Negli Usa uomini d'affari illuminati, che hanno sempre sostenuto il Partito repubblicano, di fronte alla linea esagerata di Donald Trump, dichiarano di preferire Hillary Clinton, pur se consapevoli dei suoi difetti, dal loro punto di vista. Il Financial Times di ieri l'altro riporta la lunga intervista al magnate Charles Koch, amministratore delegato del complesso multinazionale poli settoriale Koch Industries (oltre 100mila addetti in 60 Paesi), mandata in onda domenica da ABC, che appunto - dice ciò. Le posizioni estremiste (da non confondere con le posizioni decise) sono in contrasto col principio liberale della tolleranza che ammette il dissenso, essenziale alla «società aperta». Il vero pensiero liberale, in particolare quello cristiano, non può esser estremista perché ci possiamo sempre sbagliare: la nostra capacità di ragionamento e di informazione non è illimitata. Nel pensiero liberale, con o senza l'aggettivo «sociale», contano alcuni valori fondamentali come il prevalere della ragione sui sentimenti viscerali, sul populismo guidato da slogan, pronunciati in pubblico o trasmessi nella rete digitale. La società liberale è basata sugli scambi responsabili (a ciascuno il frutto del suo lavoro e del suo risparmio) e sulla civitas humana, in cui c'è la socialità e anche la carità. Che - peraltro - non si realizzano con le chiacchiere, ma col fare responsabile, un passo per volta, non col parlare e col costruire prima di rottamare. Chi amministra la cosa pubblica o la cosa altrui (come i soldi dei risparmiatori e le attività dei lavoratori) deve misurare il passo sulla gamba. Per Roma, come sindaco, Berlusconi ha indicato Bertolaso, che certo - non è perfetto, ma ha dimostrato di saper operare in emergenza, con criteri manageriali, per finalità di interesse collettivo e ciò con particolare riguardo alla vita negli agglomerati urbani. Per sua storia, lui non è di destra estrema, né di sinistra post comunista. È un candidato che può essere condiviso anche da chi è posizionato a destra o al centrosinistra nella coalizione chiamata a governare una metropoli disastrata sia dal punto di vista finanziario che nei marciapiedi. Una città che ha istituti sanitari tecnicamente di avanguardia in cui, però, si trovano topi che circolano liberamente, perché ci sono, nei servizi ausiliari, sciatterie irresponsabili. Roma è una metropoli prestigiosa, ma ha trasporti carenti, periferie semi abbandonate e immigrati irregolari accampati in case diroccate.

Gli altri candidati e i loro sponsor politici dovrebbero spiegare come affrontano questi temi, se con efficienza e quindi tasse moderate, per assicurare l'ordine e le infrastrutture onde consentire a ciascuno di fare bene le proprie attività. Discutere di schieramenti o alzare la voce per dire che bisogna «voltar pagina» non è un buon servizio agli elettori.

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