Doppiezza transalpina

Eppure con la Francia dovremmo avere, per storia e cultura, un rapporto fraterno. E, invece, ogni due mesi con Parigi c'è uno scontro.

Doppiezza transalpina

Eppure con la Francia dovremmo avere, per storia e cultura, un rapporto fraterno. E, invece, ogni due mesi con Parigi c'è uno scontro, un battibecco, un diverbio che vengono sanati dal solito comunicato accomodante dell'Eliseo per poi riproporsi nello stesso copione esattamente sessanta giorni dopo con l'ennesima contesa, l'ennesima diatriba. Come quella aperta ieri a ciel sereno dal ministro dell'Interno francese, Gérald Darmanin, che non sapendo cos'altro fare ha visto bene di intervenire in una trasmissione dell'emittente Rmc per sparare contro il governo italiano sul tema dell'immigrazione: «Meloni, alla guida del governo di estrema destra scelto dagli amici della Le Pen, è incapace di risolvere i problemi migratori per i quali è stata eletta».

Parole sprezzanti nei toni e rozze nei contenuti, non c'è che dire. Ma il paradosso è che la critica viene da un personaggio che negli ultimi mesi, mentre gli sbarchi si sono moltiplicati, si è solo preoccupato di inviare 150 poliziotti francesi al confine con l'Italia per picchiare e rispedire indietro i migranti clandestini che provavano a varcare la frontiera. Lui che accusa il governo italiano di non saper gestire il problema, si è limitato a prendere la misura più banale, più egoista, intrisa della peggior ipocrisia. Seguendo la sua logica se le coste francesi fossero prese d'assalto dai barconi come quelle italiane, il genio transalpino per essere coerente con le sue azioni dovrebbe rigettarli in mare. Invece, al solito, predica bene e razzola male: accusa l'Italia d'incapacità e magari anche di peggio, ma intanto non muove un dito per risolvere il problema e, nei fatti, ripropone la stessa ricetta di Orbán: chiudere le frontiere.

È la conferma, purtroppo, che l'Italia deve vedersela da sola. E il governo deve arginare l'esodo come può: tentare un'intesa con il generale Haftar per coprirsi sul versante libico e inviare aiuti economici per non far scoppiare la Tunisia. E ancora: salvare i barconi in mare, ma nel contempo restringere la protezione speciale e rendere più efficienti i centri per il rimpatrio. E probabilmente infischiarsene delle critiche che di tanto in tanto vengono da Parigi: da un pulpito che lesina ogni tipo di solidarietà non si accettano lezioni.

Anche perché le parole di ieri del ministro dell'Interno francese sono figlie anche di un retropensiero politico. Il tirare in ballo nelle relazioni tra Roma e Parigi i rapporti della destra italiana con la Le Pen - pensiero dal sen fuggito - dimostra che l'ostilità verso la Meloni e il suo governo ha ragioni anche di politica interna. Rappresenta il classico diversivo di un esecutivo che è assediato dalle piazze che si ribellano alla riforma delle pensioni voluta da Macron. Piazze che hanno la benedizione della destra e della sinistra. Non per nulla la polemica ha avuto come protagonista proprio quel ministro dell'Interno che non riuscendo ad arginare la protesta è finito sul banco degli imputati.

È però inaccettabile che per ragioni di cortile francese,

si vada allo scontro con un Paese amico, descrivendolo come incapace e in fondo anche xenofobo. In realtà se si guardano i fatti e non la retorica pure sull'immigrazione, gli italiani sono buona gente, i francesi non so.

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