Cronache

Doppio tampone per imbarcarsi: cosa è successo al porto

L'assurda vicenda del rientro in Italia di centinaia di passeggeri della Grimaldi, da Barcellona a Civitavecchia, costretti a rifare il tampone e pagare 50 euro per potersi imbarcare: ecco cosa ci ha raccontato un passeggero

Doppio tampone per imbarcarsi: cosa è successo al porto

Il rientro in Italia su una nave della Grimaldi Lines, la Grimaldi Cruise Roma, dopo una gara di vela in Spagna si rivela un salasso economico a causa di un doppio tampone necessario per salire a bordo.

Alessandro, che ha contattato IlGiornale.it per raccontarci la vicenda, è un velista e si trova a Barcellona: con una sua collega e due minorenni deve fare rientro in Italia via nave, la Barcellona-Civitavecchia la cui navigazione dura 21 ore. Come vuole il regolamento della compagnia, tutti e quattro fanno un test antigenico (tampone rapido) poche ore prima dell'imbarco in nave. Tutti e quattro, con in tasca il super green pass (tre vaccinazioni a testa), risultano negativi al test. Bene, finalmente si rientra in Italia. Anzi no, c'è un imprevisto.

"Necessario un nuovo tampone, 50 euro"

Durante il check-in per l'ingresso in nave ecco la scoperta: il tampone non può essere ritenuto valido per la navigazione e il rientro in Italia perché fatto troppo tempo prima. La lunghezza della navigazione (21 ore) "sfora" le 24 ore in cui il tampone ha validità, quindi pazienza se si è negativi e si ha il super green pass. Bisogna farne un altro, sul momento, e pagarlo con bancomat o carta di credito alla modica cifra di 50 euro a persona, minorenni compresi. Peccato, però, che la compagnia di navigazione non avesse avvisato nessun passeggero di questa evenienza, specificando semmai di fare il tampone soltanto a ridosso dell'imbarco (tra enormi difficoltà ed impossibilità). Costo dell'operazione: 400 passeggeri che hanno rifatto il tampone per 50 euro: totale 20mila euro di spesa.

"Non ci hanno detto nulla..."

"La nave doveva essere in partenza alle ore 22 ma ha ritardato di due ore e mezza", ci racconta Alessandro, mettendo in luce come sarebbe stato comunque impossibile per tutti i passeggeri, anche a causa di questo ritardo, eseguire un tampone che rientrasse nella validità delle 24 ore. "Il tampone non andava bene", dicevano a tutti. Con tutte le difficoltà del caso visto che a Barcellona non sono le farmacie a fare i tamponi, come in Italia, ma soltanto alcuni laboratori di analisi con tutte le criticità aggiuntive. "Noi non ti facciamo imbarcare se non ti fai adesso un tampone che, al tuo arrivo in Italia, sarà valido nell'arco delle 24 ore", gli hanno detto durante le procedure di imbarco alle ore 20.

In pratica, 400 persone avrebbero dovuto fare il tampone esclusivamente tra le 19 e le 19.30, aspettare l'esito e salire in nave. "Il tampone antigenico, così, è molto complicato che potesse funzionare. La Grimaldi lo avrebbe dovuto segnalare. Si sono dimenticati di dire che il tampone effettuato nelle 24 ore prima della partenza non andava bene", sottolinea Alessandro.

A chi vanno i soldi

L'altra cosa che abbiamo domandato ad Alessandro è: ma quei 20mila euro, che potrebbero essere molti di più, a chi vanno? "I soldi li ha incassati un'altra società, incaricata dalla Grimaldi, che si chiama Aspy", in pratica un servizio di prevenzione spagnolo di terze parti accreditato a livello nazionale.

Class action contro la Grimaldi

Alessandro ci racconta che un'avvocatessa che si trovava a bordo, cavalcando la rabbia tumultuosa dei passeggeri, ha raccolto nomi e numeri telefonici di tanti di loro così da far partire un reclamo generale contro la compagnia e chiedere il rimborso. "La tesi è che, navigando in acque internazionali e battendo bandiera italiana, di fatto sono sul territorio italiano. Quindi, salendo sulla nave il tampone dovrebbe rimanere valido", afferma il velista. La battaglia legale verterà sul fatto che "secondo l'avvocatessa, l'importante è che il tampone si faccia 24 ore prima che la nave esca dalle prime 12 miglia per essere in acque internazionali e, dunque, che tutti i passeggeri siano legalmente in Italia" ma c'è un altro motivo per cui la Grimaldi è comunque in errore. "Quando ho fatto il tampone in nave erano le 20 ma, avendo tardato la partenza, siamo comunque arrivati in Italia e sbarcati a Civitavecchia oltre le 24 ore, quindi anche il tampone che mi hanno e ci hanno imposto di fare, aveva la stessa validità di quello che ho fatto io", ci dice sorridendo.

Sarà l'avvocato, quindi, a occuparsi della vicenda che l'ha riguardata in prima persona ed ha riguardato centinaia di altri passeggeri.

E cosa sarebbe successo se Alessandro non avesse avuto i soldi necessari a pagare i tamponi per lui e i due minorenni (150 euro)? "Tu non mi permetti il rientro in Patria nonostante abbia il super green pass e il tampone antigenico negativo fatto durante la mattina?" conclude ironico il nostro lettore.

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