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Draghi sull'immigrazione punta al piano Berlusconi

In mattinata il Business forum italo-libico alla Farnesina, con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e i grandi gruppi industriali in prima linea nella ricostruzione

Draghi sull'immigrazione punta al piano Berlusconi

In mattinata il Business forum italo-libico alla Farnesina, con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e i grandi gruppi industriali in prima linea nella ricostruzione (da Eni a Terna, passando per Ansaldo Energia e Leonardo). Nel pomeriggio, invece, l'incontro a Palazzo Chigi tra Mario Draghi e il primo ministro di unità nazionale della Libia, Abdulhamid Dbeibah.

Due appuntamenti che scandiscono una giornata che il governo italiano dedica quasi completamente al consolidamento dei rapporti tra Roma e Tripoli, come dimostra la consistenza della delegazione libica atterrata domenica sera all'aeroporto militare di Ciampino (il premier più sette ministri). E come aveva lasciato intendere in questi mesi l'intensa attività diplomatica tra i due Paesi, oltre al fatto che Draghi aveva scelto proprio Tripoli come sua prima visita all'estero dopo essersi insediato a Palazzo Chigi. A conferma che l'Italia è intenzionata in qualche modo a riprendersi un ruolo centrale nel processo di pacificazione della Libia e, dunque, di stabilizzazione dell'area del Mediterraneo centro-orientale. Tema su cui hanno concordato lo stesso Draghi e il presidente francese, Emmanuel Macron, nel colloquio avuto la scorsa settimana a margine del Consiglio Ue.

La Libia, infatti, è un tassello chiave sotto diversi fronti: dal tema dell'immigrazione - e con il bel tempo gli sbarchi non potranno che aumentare - a quello del terrorismo e delle rotte energetiche. Per non parlare dei potenziali ma rilevanti contenuti economici, cioè il ruolo che potrebbero giocare le aziende italiane in una Libia pacificata, sperando che davvero il percorso che dovrebbe portare alle elezioni democratiche del 24 dicembre non subisca rallentamenti. È dunque di un accordo di cooperazione complessivo che si sta da mesi parlando con il governo di transizione libico. Sulla scorta del Trattato di amicizia firmato a Bengasi nel 2008 dall'allora premier Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi. Non a caso, molti dei dossier aperti da Palazzo Chigi e dalla Farnesina sono esattamente gli stessi di tredici anni fa (dall'autostrada costiera citata ieri da Draghi nelle dichiarazioni alla stampa, all'aeroporto di Tripoli). D'altra parte, solo un mese fa, all'indomani di un incontro con il ministro degli Esteri libico, Najla Al-Mangoush, il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, ebbe a dire che il governo di Tripoli chiedeva di «riattivare tutte le intese previste dall'accordo di amicizia e partenariato del 2008 raggiunto da Berlusconi e Gheddafi». E proprio in quell'occasione, peraltro, l'allora premier italiano chiese scusa per il passato colonialista. La stessa cosa che hanno fatto in questi giorni la Germania (per il genocidio in Namibia) e la Francia (per quello in Ruanda).

Al centro dell'agenda degli incontri di ieri, dunque, immigrazione e business. Il primo, tema delicatissimo per il premier italiano. Non solo per i difficili equilibri all'interno della maggioranza, ma anche per i tragici naufragi di questi giorni sulle coste libiche (le foto dei bimbi lasciati per giorni sulla spiaggia di Zuwara hanno fatto il giro del mondo). «Ritengo sia un dovere morale, ma anche interesse libico, assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti», dice non a caso il premier. Con Dbeibah, il presidente del Consiglio ha affrontato la questione migranti a 360 gradi: controllo delle frontiere libiche (anche meridionali), traffico di esseri umani, assistenza ai rifugiati e corridoi umanitari. «L'Italia - spiega l'ex numero uno della Bce - intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia». Ma l'Europa - aggiunge - deve «fare la sua parte», senza lasciare l'Italia sola a fronteggiare l'emergenza. E dai partner internazionali sono arrivati segnali confortanti. Sia per la ritrovata sintonia con la Francia (Dbeibah è ripartito ieri sera proprio alla volta di Parigi), sia per una certa sensibilità di Bruxelles. «Altri Paesi europei saranno parte di questo sforzo, tanto - spiega Draghi - che nell'ultima riunione del Consiglio Ue ho chiesto che il punto specifico della migrazione fosse all'ordine del giorno del prossimo summit». Insomma, «serve un'azione dell'Unione europea», un'azione «determinata e rapida».

E potrebbe passare anche da un impegno finanziario a sostegno del governo di transizione libico, un maggior controllo da parte di Tripoli delle partenze verso l'Europa, ma anche degli arrivi dalla frontiera meridionale, quella dove ogni giorno migliaia di migranti rischiano la vita. È questa, secondo Draghi, una delle condizioni per riaprire anche agli investimenti.

Perché se la Libia non garantirà sicurezza su tutti i fronti, sarà difficile dare attuazione agli impegni prospettati ieri mattina durante il Business forum alla Farnesina.

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