Ecco quando la legge aiuta i jihadisti Le sentenze pazze da Pisa a Lecce

C’è la giudice che giustifica gli estremisti citando le colpe della colonizzazione. E c’è il condannato che incassa i sussidi

Ecco quando la legge aiuta i jihadisti Le sentenze pazze da Pisa a Lecce

La legge «aiuta» i terroristi. Il caso di Torino dei tagliagole dello Stato islamico che non si possono arrestare è solo la punta di un iceberg. La madre di tutte le sentenze farlocche è quella del Gip di Milano, Clementina Forleo, che nel 2005 assolse tre jihadisti facendo un distinguo fra guerriglia in Irak, non punibile, e terrorismo che semina morte fra la popolazione civile. Due anni fa un Gip di Lecce e lo stesso tribunale hanno lasciato andare 5 sospetti jihadisti siriani con documenti falsi e filmati di bombardamenti ed attentati sui telefonini. La Direzione distrettuale antimafia voleva arrestarli, ma sono stati considerati «profughi» giunti con i barconi. A Pisa il giudice Milena Balsamo si è lasciata andare con una tesi «giustificazionista»: «Quando si commettono eccidi come quelli contro gli algerini, quando si colonializza, non puoi ipotizzare che quella dell’Islam sia solo una guerra di religione. In fondo che differenza noti tra gli eccidi dei terroristi e quelli dei paesi ex colonizzatori?». In giugno è stata nominata dal Csm consigliere di Cassazione. Nel 2008 abbiamo lasciato andare il predicatore Bassam Ayachi arrestato a Bari. Prima condannato a 8 anni e poi assolto in appello è diventato il cattivo maestro dei terroristi di Parigi e Bruxelles. Anche Moez Fezzani catturato dagli americani in Afghanistan e rimandato in Italia dove aveva a vissuto a lungo è stato assolto ed espulso. Solo nel 2014 la Corte d’appello di Milano lo ha condannato a 5 anni e 8 mesi di carcere come reclutatore jihadista. Troppo tardi: Fezzani stava già combattendo in Siria per poi trasferirsi in Libia in nome del Califfato ordendo le stragi del museo del Bardo a Tunisi, dove sono morti dei turisti italiani e della spiaggia di Sousse. Lo scorso anno è stato finalmente preso in Sudan. A causa di procedure contorte, tempi e cavilli non rispettati, la Norvegia ha dovuto scarcerare lo scorso anno mullah Krekar, un noto capoccia jihadista, che avrebbe dovuto essere estradato in Italia. La beffa peggiore è l’assistenza ai terroristi ufficialmente indigenti. La coppia Mohamed Koraichi e Alice Brignoli partita per la Siria viveva con gli aiuti di stato (1000 euro al mese) in provincia di Lecco. Ajman Veapi condannato in aprile a 4 anni e 8 mesi per reclutamento di volontari della guerra santa ha ricevuto per due anni 500 euro al mese di sussidio dalla regione Friuli-Venezia Giulia. Un terrorista di una rete pachistana, Hafiz Muhammad Zulkifal, con otto figli è riuscito a ottenere nel bergamasco il sussidio per l’affitto e la scuola della prole oltre all’assegno familiare. Più discrezionale, ma altrettanto beffardo, la concessione delle varie forme di protezione previste per i richiedenti asilo. L’ultimo sospetto jihadista espulso da Lecco in ottobre, il kosovaro Idriz Idrizovic, viveva in Italia da dieci anni grazie alla «protezione sussidiaria» aiutato dal patronato Cgil.

Abdul Rahman Nauroz della cellula di Merano aveva ottenuto lo stesso status raccontando di minacce di morte in Iraq da parte di Ansar al Islam, la stessa organizzazione del terrore di cui faceva parte. Altri jihadisti sbarcati a casa nostra si erano spacciati per «cristiani perseguitati» ottenendo asilo politico prima di venir scoperti come terroristi islamici.

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