Centomila firme indirizzate al ministro Roberto Speranza, ai governatori delle Regioni, ai presidenti di tutti gli Ordini dei Medici. Una lettera per chiedere che, nella lotta contro il coronavirus, i pazienti vengano "trattati il più presto possibile sul territorio", prima che arrivi la "polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in Rianimazione".
"Siamo un gruppo di circa 100.000 medici, di tutte le specialità e di tutti i servizi territoriali e ospedalieri sparsi per tutta Italia, nato in occasione di questa epidemia - si legge nella missiva - che da quasi 2 mesi ormai, sta scambiando informazioni sull'insorgenza della malattia causata dal Coronavirus, sul come contenerla, sul come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla". Il gruppo di sanitari intende apportare un contributo per sconfiggere il virus che ormai ha spezzato migliaia di vite. "Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale - scrivono - si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l'iperstimolazione di citochine, che diventano tossiche per l'organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti".
I firmatari fanno delle richieste chiare e precise ai decisori politici per "non vanificare l'abnegazione di medici e personale sanitario". "Oltre ai Dispositivi di Protezione e ai tamponi - scrivono i 100mila firmatari - chiediamo di rafforzare il territorio, vero punto debole del Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 Marzo, definite USCA, di essere attivate immediatamente in tutte le Regioni, in maniera omogenea, senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell'esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall'AIFA". I medici sono "giunti alla conclusione che il trattamento precoce può fermare il decorso dell'infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere l'epidemia. Il riconoscimento dei primi sintomi, anche con tamponi negativi (come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi) è di pura pertinenza clinica, e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o TC, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la clinica, ma che non la sostituiscono".
L'appello è stato redatto nella speranza che le istituzioni permettano ai medici di "svolgere il proprio ruolo attivamente e al meglio, dando un contributo alla collettività nell'interesse di tutti". "Lo chiediamo - si legge nella missiva - perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale, non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d'urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi.
La mappatura di questi pazienti, asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati è oltremodo indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il 'lock down'".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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