Elettori già stufi del Di Maio "democristiano"

Elettori già stufi del Di Maio "democristiano"

Cinquantacinque giorni di politica dei due forni in pieno stile democristiano e con le spalle coperte dall'ombrello istituzionale di qualche grand commis di Stato sembrano aver infettato il M5s come un'iniezione di Ebola. In neanche due mesi, infatti, il Movimento della contestazione antisistema nato dalle ceneri dei Vaffa-day di Beppe Grillo per riportare al centro del dibattito i cittadini e combattere la partitocrazia pare essere vittima proprio di quello stesso virus che si era proposto di debellare. Questo almeno racconta il voto in Friuli Venezia Giulia, con i pentastellati che perdono ben 17 punti percentuali rispetto alle politiche del 4 marzo scorso. In quell'occasione, infatti, il M5s arrivò in Friuli al 24,5% con un totale di 169mila voti, ieri si è inchiodato al 7,1% con sole 29mila preferenze: 140mila di meno. Una vera e propria débâcle. Certo, il fatto che il candidato governatore grillino non fosse in corsa per la vittoria finale può aver inciso in quegli elettori che hanno preferito il cosiddetto «voto utile», ma è del tutto evidente che la forbice tra le due tornate elettorali è così ampia da avere motivazioni non solo contingenti. Non a caso, sono settimane che i sondaggi registrano una flessione dei Cinque stelle dovuta ai quasi due mesi di stallo inconcludente di cui Luigi Di Maio si è reso suo malgrado protagonista. Pur di non fare alcun passo indietro sulla premiership, infatti, il leader M5s ha trattato prima con la Lega e poi con il Pd con una spregiudicatezza e un opportunismo così smaccati che devono in qualche modo aver fatto breccia nell'elettorato grillino. D'altra parte, il padre della politica dei due forni è un tal Giulio Andreotti, uno che certo non è nel Pantheon di riferimento dei Cinque stelle. Anzi. Il Di Maio istituzionale, dunque, non sembra aver convinto la base grillina, soprattutto nel suo saltellare da un Matteo all'altro. Passi per Salvini, di cui buona parte dell'elettorato M5s ha una percezione positiva o comunque non negativa. Ma non per Renzi e il suo Pd che, questo raccontano tutte le rilevazioni delle ultime settimane, l'elettorato grillino vede come fumo negli occhi. Insomma, per dirla con una frase banale ma forse efficace, Di Maio e tutto il Movimento pagano il passaggio dalla protesta alla proposta. La prima decisamente più facile della seconda, per la quale è peraltro necessario sedersi a un tavolo e trattare.

Di Maio ha provato a farlo, facendosi per giunta guidare da chi al Quirinale è nelle stanze che contano davvero, ed è stato costretto a sporcarsi le mani con quella politica contro cui Beppe Grillo e il Movimento hanno puntato il dito fino a ieri. Non è un caso che proprio ieri il leader pentastellato abbia deciso di cambiare registro e smarcarsi dall'aplomb istituzionale degli ultimi mesi invocando le elezioni anticipate addirittura a giugno e accusando i partiti di pensare solo al loro orticello. Già, proprio lui che ha posto il suo ruolo di premier come condizione non negoziabile di qualunque trattativa, sia con la Lega che con il Pd. Ma a pesare sul crollo del M5s non c'è solo la disastrosa performance di Di Maio. Per quanto la Casaleggio Associati stia riuscendo a parare i colpi soprattutto sui social, il caso della colf della compagna di Roberto Fico ha avuto un certo impatto. I Cinque stelle lo difendono a spada tratta, ma è evidente che molto non torna nella versione del numero uno di Montecitorio. Come non torna l'essersi fatto immortalare in autobus - manco in taxi - la mattina del primo giorno di lavoro da presidente della Camera per poi farsi pizzicare dalle telecamere delle Iene mentre scappa con l'auto blu in contromano per le vie del centro di Roma pur di evitare il giornalista che gli chiede un commento sulla vicenda della colf.

Insomma, questi

quasi due mesi stanno mettendo a dura prova la presunta superiorità etica e morale del M5s. Dei suoi esponenti di punta, certo. Ma anche della sua base elettorale. Che infatti inizia a dare segni di evidente insofferenza.

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