Europa

Energia e mercato: esempio tedesco ed esitazioni italiane

La guerra in Ucraina ha portato i Paesi europei a disporre sussidi e forme di sostegno a imprese e cittadini per fare fronte al caro energia

(Immagine: https://pixabay.com)
(Immagine: https://pixabay.com)

Ascolta ora: "Energia e mercato: esempio tedesco ed esitazioni italiane"

Energia e mercato: esempio tedesco ed esitazioni italiane

00:00 / 00:00
100 %

La guerra in Ucraina ha portato i Paesi europei a disporre sussidi e forme di sostegno a imprese e cittadini per fare fronte al caro energia per effetto di una deroga temporanea sugli aiuti di Stato concessa dalla Commissione Ue. Salvo proroghe, la deroga dovrebbe cessare il 31 dicembre, ma poiché l'emergenza in Europa non è finita, diversi Stati membri, a cominciare da Francia e Germania, stanno chiedendo singolarmente la sua estensione. La Germania, in particolare, ha già stabilito un pacchetto di aiuti da 28 miliardi in 5 anni a favore delle proprie imprese, grazie a una riduzione dell'imposta sull'elettricità per l'industria manifatturiera e prezzi fissi pari a 60 euro il megawattora, meno della metà di quanto costa in Italia, per le aziende energivore particolarmente colpite dal caro energia. La misura fa seguito a un sussidio fiscale di 7 miliardi già approvato ad agosto. A sua volta la Francia sta cercando di creare una deroga che le consentirebbe di vendere ai cittadini francesi l'energia elettrica generata nelle centrali nucleari a prezzi molto al di sotto di quelli di mercato.

Insomma, Parigi e Berlino si stanno dando un gran daffare per risolvere il problema a vantaggio dei loro cittadini. Curiosamente in Italia non si accelera nemmeno su soluzioni che sono già sul tavolo e che potrebbero modificare radicalmente il peso dei costi dell'energia per i prossimi anni. Nella bozza del Decreto Energia, che probabilmente domani approderà sul tavolo del Consiglio dei ministri, sono già contenute misure utili a tutelare imprese e consumatori e favorire investimenti, ma da settimane la discussione viene rinviata senza un perché comprensibile e, soprattutto, nel pieno di voci su possibili variazioni al testo che potrebbero vanificare gli effetti più rilevanti. Per avere un'idea della sua importanza, basti osservare che la semplice proroga del mercato tutelato eviterebbe a quasi 10 milioni di soggetti fra famiglie e imprese di finire nella rete del mercato libero, dove l'energia costa di più, senza piena consapevolezza dei rischi. Secondo Arera, l'autorità di regolazione dell'energia, a giugno scorso le offerte di elettricità sul mercato libero erano circa 2.000, ma tra queste solo 200 risultavano più convenienti rispetto alle tariffe tutelate. Discorso analogo per il gas, settore in cui tra oltre 2.000 offerte solo due risultavano più vantaggiose della tariffa regolata. In concreto, ad agosto la spesa massima sul mercato libero a prezzo variabile raggiungeva 1.853 euro su base annua, per quella a prezzo fisso addirittura 3.554 euro, contro un prezzo della maggior tutela di 892 euro. C'è di che riflettere.

Discorso analogo per il rinnovo delle concessioni idroelettriche. La bozza del Decreto introduce una nuova modalità che le Regioni possono utilizzare per l'assegnazione delle concessioni: la riassegnazione (quindi non una proroga) al concessionario uscente sulla base di linee guida adottate dalle Regioni nel rispetto di un atto di indirizzo approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e previa autorizzazione di Arera. Si tratta di proposte che potrebbero attivare investimenti per oltre 15 miliardi, che aiuterebbero a incrementare la produzione di energia da fonte rinnovabile - e dunque a centrare gli obiettivi Ue legati alla transizione energetica - e ad alleggerire ulteriormente la dipendenza energetica da fornitori esteri. La possibilità di riassegnare le concessioni agli uscenti, a fronte di robusti piani di investimento, costituirebbe un'alternativa che, oltre a essere particolarmente valida in termini di decarbonizzazione e autonomia energetica, metterebbe l'Italia al riparo dalla concorrenza dei gruppi stranieri, evitando di indebolire i player nazionali e la loro competitività nel settore.

Come si vede, si tratta di misure urgenti e strategiche.

Non agire con determinazione nel timore di reazioni in sede europea - dove peraltro non si è esitato ad autorizzare analoghi provvedimenti per Francia e Germania - significherebbe provocare gravi disparità a danno dei nostri operatori del settore che, oltre a non poter partecipare a gare negli altri Stati membri (dove sono in vigore divieti impossibili da superare), subirebbero in Italia la concorrenza di player esteri.

Commenti