Cronache

"Era zucchero a velo". Ma la 31enne è stata arrestata per spaccio

Arrestata, licenziata e in cura dallo psicologo, ma poi prosciolta e oggi risarcita

Il materiale sequestrato dai carabinieri nel 2018
Il materiale sequestrato dai carabinieri nel 2018

Quella polvere bianca rimasta appiccicata alle narici era lo zucchero a velo di un bignè consumato poco prima, ma lei era finita dritta dritta in carcere perché accusata di detenzione di cocaina ai fini di spaccio. Oggi la studentessa calabrese di 31 anni, S.T., di Paola, incensurata, dopo essere stata rimessa in linertà e prosciolta, ha ottenuto il risarcimento danni per ingiusta detenzione dalla Corte di Appello di Catanzaro. La ragazza era stata finanche allontanata dal datore di lavoro e finita in cura da uno psicologo.

L'incubo è terminato dopo quattro anni. La donna era stata arrestata il 23 marzo del 2018 assieme all’ex convivente, un rendese di 44 anni, all’esito di un blitz antidroga dei carabinieri, in provincia di Cosenza. Era stata fermata alla guida di un’auto dai militari dell’Arma e, accertata la presenza di polvere bianca appicciata alle sue narici, veniva condotta presso la sua abitazione, dove al momento del blitz era presente l’allora convivente, per eseguire una perquisizione. Durante i controlli, i militari trovarono in una valigetta tre sacchetti sottovuoto e 25 dosi già confezionate, 323 grammi di cocaina, una termosaldatrice per sacchetti sottovuoto e cinque bilancini di precisione. Sul posto giungeva anche una unità cinofila della Tenenza della Guardia di Finanza di Montegiordano e grazie proprio al fiuto del cane Ully, venivano trovati altri cinque grammi di stupefacente: marijuana e un grammo di hashish. I due presunti spacciatori venivano arrestati e tradotti rispettivamente presso le case circondariali di Castrovillari e Cosenza.

Dopo il proscioglimento, la 31enne ha avuto riconosciuto l’equa riparazione per la custodia cautelare, avendo "sofferto ingiustamente di 3 giorni in misura della custodia in carcere, presso l'istituto di Pena di Castrovillari". È stato accertato che la donna era stata coinvolta nell’operazione perché in quel periodo frequentava e veniva ospitata presso l’abitazione, ignara di ciò che veniva “occultato” all’interno. Coinvolta in quel blitz, per S.T. è iniziato un calvario che, in una realtà provinciale come quella vissuta a queste latitudini, ha comportato effetti devastanti per la sua persona: conseguenze psicologiche, esistenziali ed anche economiche, perché – tra l’altro – è stata anche allontanata dall’attività lavorativa che la vedeva impegnata all’epoca. Enormi sono state le difficoltà sorte all’interno della sua famiglia, tali da costringerla ad affrontare un percorso psicoterapeutico, ancora oggi sostenuto con cadenza settimanale. La donna, estranea ad ambiti malavitosi o frequentazioni con pregiudicati, si è quindi ritrovata nella condizione che è propria dei delinquenti abituali, una posizione che però la Corte d’Appello di Catanzaro ha rettificato, rimettendo a posto le cose, almeno dal punto di vista burocratico e formale.

Anche se sul piano esistenziale e psicologico il cammino sarà più lungo.

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