Politica

Errore semplificare sull'eutanasia

Ci sono situazioni in cui la vita non è più vita? Chi lo può stabilire? Il parlamentare, l'uomo della strada? Se fossero loro, che competenza avrebbero?

Errore semplificare sull'eutanasia

Ci sono situazioni in cui la vita non è più vita? Chi lo può stabilire? Il parlamentare, l'uomo della strada? Se fossero loro, che competenza avrebbero? Sarebbe più convincente passare la decisione a uno scienziato che stabilisca se una macchina annulla l'essenza della vita stessa o se le condizioni di un malato sono così gravi e irreversibili che, in verità, non c'è più vita. Ma, se l'incompetenza di un politico o dell'uomo della strada possono rappresentare un obbiettivo ostacolo nell'affidare loro una decisione così complessa, perché non potrebbe essere lo scienziato il soggetto delegato alla decisione? Perché, si sostiene, il problema è di natura etica, e la scienza non necessariamente si sviluppa su basi etiche, anzi, talvolta, i suoi progressi avvengono contravvenendo le regole della morale corrente. Questo significa che comunque si affronti il problema dell'eutanasia, noi non abbiamo regole, principi incontrovertibili, ma che tale problema è affidato alla formazione culturale, religiosa di ciascuno di noi, così come al buon senso e al rispetto reciproco delle diverse sensibilità. La tendenza che sembra prevalere in Parlamento è quella di semplificare le procedure.

Invochiamo spesso percorsi che snelliscano la burocrazia. Ma c'è da chiedersi se una legge sul finis vitae debba essere considerata una tra le tante norme burocratiche che debbano essere snellite per evitare lungaggini. Credo proprio il contrario: tanto più si procede con grande attenzione, tanto meno si incorre in errori, in semplicistiche valutazioni.

Potrebbe essere il medico di base a decidere se procedere con l'eutanasia per il proprio paziente. Ora la tragedia del Covid ha mostrato tutta la fragilità del sistema medico di base, ed affidare al medico di famiglia una decisione tanto delicata sembra un modo di scaricare sulla realtà di cura meno tecnicamente attrezzata la soluzione di un problema sociale (non solo medico) tanto delicato.

Cercare un punto di vista scientifico e filosofico (etico) sul finis vitae, che trovi un consenso generale, è utopistico, ma sarebbe la strada «umanamente» più corretta e che più ci convincerebbe. Ma, appunto, è utopistico, e, tuttavia è impensabile ridurre la questione a una battaglia politica.

Si cerchi piuttosto un'alleanza sulla prudenza nel modo di procedere nella formulazione della legge: questo è proprio un caso in cui la lentezza delle procedure provocata da maggiori percorsi di verifica è di gran lunga migliore di rapide semplificazioni.

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