Solo con una maggioranza nel Paese reale, con il voto di più del 50% degli elettori e non quella del 40% della legge elettorale che dà la maggioranza parlamentare, è possibile attuare il programma di riforme che Salvini intende lanciare. La coalizione con Forza Italia e altri moderati comporta un canale diretto con l'Europa. Il programma di Salvini è quasi tutto di centrodestra liberale: rilancio di tutti gli investimenti in infrastrutture europee, nazionali, regionali, locali, taglio d'imposte su produzione e costi del lavoro, con la flat tax, senza toccare i contributi sociali per le pensioni, revisione delle rendite parassitarie, compreso il «reddito di cittadinanza», da trasformare in aiuto ai bisognosi e alle imprese che qualificano chi cerca lavoro. Così certamente si può ottenere una deroga al deficit allo 1,9%, arrivando al 2,4% che consente di ridurre il debito pubblico e di dar fiducia ai mercati anche perché lo sgravio della flat tax riguarda il 2021, in quanto le imposte sul reddito si pagano su quello dell'anno prima.
La velocizzazione dei processi con beneficio per l'economia, a partire dallo smaltimento delle sofferenze bancarie completa il quadro. La devoluzione di competenze alle Regioni, finanziata anche con un contributo sanitario e per spese per l'istruzione moderatamente progressivo con esonero dei redditi bassi e no tax area da affiancare alla flat tax e apporto integrativo eventuale dello Stato, basato sui costi standard, potranno generare benefici economici e sociali sul territorio, al Nord ma anche nel Centro Sud, sulla base dei principi di responsabilità e libertà. Ma questo ambizioso programma, che taglia posizioni di potere improprio e di rendita e smantella lacci e lacciuoli che servono a giustizialisti, a dirigisti, a detentori di poteri discrezionali amministrativi e giudiziari con collegamenti politici, genererà e mobiliterà tanti avversari e tanti cambi di casacca politica e li coalizzerà.
Solo la coalizione di centrodestra può vincere la sfida. Lo si vede già ora che emerge un intreccio paludoso di convergenze contro le elezioni immediate sulla base della tesi, assai stravagante, per cui occorre un governo di «responsabili» che rimandi le elezioni di un anno per evitare lo scatto delle clausole di salvaguardia dell'Iva, derivante dal fatto che la maggioranza politica che emergerebbe dopo le elezioni di novembre non avrebbe tempo per far approvare il bilancio entro il 31 dicembre. E ciò darebbe luogo all'esercizio provvisorio, che fa scattare la suddetta «salvaguardia». Renzi o Di Maio troverebbero i 25 miliardi che servono per il 2020, secondo le clausole Iva? Una parte, dieci miliardi, deriva da maggiori entrate; ne mancano quindi altri 14, da ricavare o tagliando le spese o aumentando altre imposte e riducendo le esenzioni Iva. Poiché Renzi e Di Maio non taglierebbero il reddito di cittadinanza, trasformandolo in aiuti ai poveri, aumenterebbero la tasse. Non avrebbero deroghe europee allo 1,9 di deficit, perché queste si ottengono solo per investimenti e taglio di imposte e riforme strutturali per il rilancio economico.
Il governo di centrodestra può invece bloccare per un mese per decreto lo scatto delle clausole di salvaguardia Iva per far approvare il rilancio economico che manda subito alle Camere con la legge di Bilancio. E a un governo vero di centrodestra, che ha la maggioranza del Paese e un canale diretto con le istituzioni europee tramite il Partito popolare, l'Europa non può dire di no.Francesco Forte
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