Afghanistan in fiamme

Il fantasma delle Twin Towers

Parlano due lingue diverse. Agli antipodi. I talebani dicono no a qualsiasi rinvio della data del 31 agosto per l'addio delle ultime truppe occidentali a Kabul

Il fantasma delle Twin Towers

Parlano due lingue diverse. Agli antipodi. I talebani dicono no a qualsiasi rinvio della data del 31 agosto per l'addio delle ultime truppe occidentali a Kabul. E per chi ha la mente dura a capire la loro strategia, chiariscono che non permetteranno ad altri afghani di lasciare il Paese. Il fronte occidentale, al solito diviso, vede da una parte Inghilterra e Francia ferme sulla richiesta di imporre ai talebani un'ulteriore proroga per completare l'evacuazione da Kabul dei civili che hanno collaborato con le forze occidentali, per non condannarli a morte certa. Dall' altra, gli americani puntano a rispettare l'ultimatum per non dare pretesti ai talebani. L'Italia invece, o meglio Draghi, gioca tutte le sue carte sul coinvolgimento di Russia e Cina nella riunione del G20. Quando sarà. Quello che colpisce dopo 20 anni di permanenza sul suolo afghano delle forze occidentali è che non hanno ancora imparato che l'unico linguaggio che comprendono i preti guerrieri è quello della forza. Se vuoi indurli a trattare, a ragionare, se punti a strappargli qualche concessione devi mettere sul tavolo la spada. In fondo è un insegnamento che gli deriva dalla loro stessa religione. E la spada vuol significare tante cose: innanzitutto l'Occidente deve apparire unito nelle sue decisioni. Di tutto c'è bisogno oggi meno che di un Re Travicello: Biden nel tentativo di far dimenticare il decisionismo esasperato di Trump, rischia di diventarne la parodia opposta. Mentre almeno l'Europa dovrebbe parlare con una voce sola. Discorso analogo vale anche sul piano militare. Le disastrose modalità del ritiro sono state una plateale dimostrazione di debolezza. L'Occidente per imporre il proprio punto di vista, o, comunque, per trattare ora deve dare una dimostrazione di forza. Non è un'opzione, è un obbligo. E dispiace ricordare proprio a Washington una delle costanti della vecchia dottrina americana: non puoi accettare la logica degli ultimatum. Altrimenti subendo ultimatum dopo ultimatum, da quello del 31 agosto al veto sulla partenza dei civili afghani, finisci che non hai più nulla da trattare. Cosa che magari ha un senso se gli Stati Uniti vogliono rinunciare al proprio ruolo nel mondo e se l'Occidente ha intenzione di abdicare. In caso contrario, se entrambi vogliono mantenere un ruolo di guida o, almeno, di riferimento delle democrazie del pianeta sanno benissimo che debbono assolvere a dei doveri. Anche perché l'alternativa potrebbe essere ben peggiore: Biden farebbe bene a ricordare che la guerra in quel dimenticato Paese fu la risposta al primo attacco straniero della storia sul suolo americano (a parte la tragedia di Pearl Harbor, ma un'isola in mezzo al Pacifico non può essere certo paragonata al cuore di Manhattan).

Cedi oggi, cedi domani, e ti ritrovi con i fantasmi delle Twin Towers.

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