Dietro il caso del migrante Emmanuel Chidi Namdi, ucciso a Fermo, "ci sono delle responsabilità politiche che io metto al primo posto. Poi ci sono anche responsabilità individuali: vuol dire che lui (Amedeo Mancini, fermato per la morte del 36enne nigeriano, ndr) poteva scegliere tra la violenza e il dialogo". Ne è convinta Cécile Kyenge, europarlamentare ed ex ministro dell'Integrazione, che oggi a Milano, a margine della cerimonia di consegna dei premi e delle borse di studio del 'progetto Diventerò' della Fondazione Bracco, spiega a chi le chiede del caso di Fermo: "Io parto dalla genesi. Bisogna essere ferrei, duri, applicare la legge ma soprattutto anche far capire che per la dignità della persona alcune parole non vanno pronunciate, neanche dai politici", incalza riferendosi all'insulto 'scimmia', usato dal 39enne fermano e simile a quello pronunciato in passato da un politico nei suoi confronti.
"Con quella parola pronunciata prima è come se il razzismo, anni fa, fosse stato in qualche modo quasi ufficializzato - incalza - E quindi serve l'educazione civica, serve la scuola, ma serve anche dare degli anticorpi ai nostri giovani. Tutto il resto lo lascio agli inquirenti. Io parto dalla genesi", sottolinea. Kyenge ha confermato anche la sua volontà di costituirsi parte civile al processo a carico di Mancini.
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