Cronaca locale

Il figlio della Ventura e le ombre di Milano

Ma allora Milano, la grande capitale economica d'Italia, la città ripulita dall'Expo, la capitale della moda, degli affari, insomma la capitale del benessere, è anche un inferno dove si può morire perché si va a ballare a meno di vent'anni?

Il figlio della Ventura e le ombre di Milano

Metti una sera d'estate. Il primo weekend di grande, vero caldo. Metti una sera d'estate a Milano in discoteca. Metti una sera che vuoi divertirti con i tuoi amici in una grande città, in una discoteca famosa della movida. Poi uno sguardo di troppo, una parola di troppo, un movimento sbagliato, una lite prima banale poi furiosa, amici e nemici coinvolti, alla fine nove colpi di coltello o di punteruolo, mentre scrivo ancora non è chiaro. E direi anche che non importa rispetto alla sostanza delle cose e del ragionamento. Ecco che improvvisamente una serata di divertimento finisce in uno spezzone di cinema dell'horror giovanile. Ma allora Milano, la grande capitale economica d'Italia, la città ripulita dall'Expo, la capitale della moda, degli affari, insomma la capitale del benessere, è anche un inferno dove si può morire perché si va a ballare a meno di vent'anni? La notizia è finita nella grammatica di tg, siti e giornali, insieme ai mondiali, alla Pontida di Salvini e ai migranti. La vittima, per fortuna non in pericolo di vita, è figlio di una coppia di famosi: Stefano Bettarini e Simona Ventura. Li conosco entrambi e a loro va il mio abbraccio e la mia solidarietà. Adesso però togliamo dai fatti l'algoritmo della celebrità, quella formula per cui ci occupiamo di qualcosa se riguarda qualcuno di importante. È una notizia che non vorremmo mai sentire come mamme, ha detto Simona Ventura, e l'ha detto come mamma, non come famosa. E io aggiungo, in che mondo faremo vivere i nostri figli? Potremo stare una sera a guardarci un film mentre i nostri figli ballano in discoteca senza pensare che siano andati in una zona di frontiera? La notizia è giustamente finita nello zibaldone dei segni quotidiani, perché tolto l'algoritmo dei vip è una notizia grave.

Viviamo, noi europei, il più lungo periodo di pace e nello stesso tempo il più lungo periodo di crisi economica, che ha devastato e spappolato la nostra società. Però attenzione, qui siamo al di là della liturgia sociologica delle periferie e delle categorie sociali definite violente a priori. Siamo all'Old Fashion signori, accanto al Just Cavalli, accanto alla Triennale di Milano, eppure si può perdere la vita per un nonnulla.

Eccola la notizia: la vita non vale nulla! Non è Gioventù bruciata, è una società bruciata, nel suo insieme, nei suoi ingranaggi, nei suoi valori. E quando dico valori non intendo una generica moralità, ma quel complesso di norme condivise per cui una cosa importante non si butta via per niente. Una serie di norme in cui c'è anche il senso del limite e del rispetto. E c'è anche il senso della punizione. Tutto questo sembra dissolto nel nulla, divorato dalla gratuità e dalla cosiddetta banalità del male.

L'inferno sono gli altri, diceva Sartre, ma io penso anche che l'inferno siamo noi stessi quando non siamo più in grado di discernere dentro di noi il valore della vita.

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