I sinti sono rimasti solo in sette. Ma la fondazione di Soros scende in piazza

Lo sgombero del campo nomadi a Gallarate. Solo sette sinti ancora a spasso per la città. Ma Open Society scende in piazza per protestare

foto d'archivio
foto d'archivio

La Open Society Foundations di Soros scende in campo a difesa dei sinti di Gallarate. Lo scorso dicembre, infatti, il sindaco Andrea Cassani aveva ordinato lo sgombero forzato (con tanto di ruspe) di 22 famiglie sinti dal loro campo di Gallarate di via Lazzaretto. Da lì è nata la protesta dei sinti, che successivamente hanno occupato un’altra area in via Aleardi.

Come riporta La Prealpina, il sindaco ha ribadito che sono solamente sette su novanta i sinti "ancora in giro per la città dopo quattro mesi", sottolineando che "il problema è stato risolto dopo quarant’anni". Oggi però in piazza scendono proprio i sinti, supportati dall’Open Society Foundations di George Soros e da Amnesty International. “Nel 2007 - si legge nella notta diffusa nei giorni scorsi da Amnesty - gli abitanti del campo avevano vinto un ricorso al Tar che confermava il loro diritto di soggiorno in quell’area, determinando che venisse attrezzato e convalidandone la residenza”.

E ancora: "Dopo lo sgombero e scaduto al 31 gennaio il periodo di ospitalità, come disposto dal comune, in un hotel di Somma Lombardo, le 22 famiglie avevano trovato sistemazione in via Aleardi, territorio di proprietà della Curia, che avevano già occupato negli anni ’70". Il 25 marzo, però, prosegue Amnesty, “sono state allontanate anche da qui e sono adesso costrette a spostarsi da un parcheggio all’altro di Gallarate. Solo 5 famiglie, infatti, hanno ottenuto un alloggio popolare in via emergenziale che dovranno lasciare entro il 30 settembre". L’avvocato Pietro Romano sottolinea "come la vicenda sia lesiva della stabilità e dignità di queste famiglie che vivono e lavorano a Gallarate”.

Alle denunce di Amnesty si è accodata la rete filantropica finanziata dal magnate George Soros, che in Italia destina importanti risorse "nella lotta alle discriminazioni nei confronti di gruppi minoritari, compresa la popolazione Rom". Oggi a Gallarate si terrà, infatti, l'incontro con Zeljco Jovanovic, direttore del Rio (Roma Initiative office-Open Society Foundations) e Dijana Pavlovic, attrice e attivista per i diritti umani per i diritti del popolo Rom e Sinti. L’incontro, riporta Malpensa24, si svolgerà alle 17 nella sede della Cooperativa Cuac di via Checchi 21 a Gallarate.

“Il Romano Dives - si legge nella nota che presenta l’evento - è il giorno dell’autodeterminazione, dell’orgoglio e dell’unità di un popolo che solo in Europa conta più di 12 milioni di persone. Una comunità con valori, cultura e tradizioni proprie, costretta da secoli a lottare contro odio e pregiudizi”. Per i promotori dell'evento odierno, il clima di intolleranza è paragonabile a quello di Torre Maura, la periferia romana dove, pochi giorni fa, “una folla istigata dai peggiori sentimenti razzisti e da gruppi neofascisti ha dato vita a inaudite intimidazioni e violenze contro 70 persone (33 bambini, 22 donne e 15 uomini) “colpevoli” solo di essere Rom”.

"Minacce, attentati, insulti razzisti si moltiplicano dai grandi ai piccoli centri del nostro Paese, - afferma la nota - alimentando un clima di crescente intolleranza che avvelena la nostra società. Si alzano muri e si chiudono cancelli: purtroppo anche a Gallarate”.

Qualche settimana fa il sindaco Andrea Cassani aveva fatto chiarezza con un video pubblicato sui social sul “dato definitivo dei costi sostenuti da addebitare agli abusivi”. Secondo il primo cittadino, il costo dello sgombero si aggira “attorno ai 75mila euro”, mostando in un video le spese, pari a 91 mila euro, che verranno invece addebitate ai sinti “i quali non sono proprio nullatenenti” in quanto hanno “case, terreni e autoveicoli intestati a loro”.

"In un mondo normale - ha scritto Cassani in un post, pochi giorni fa - i cittadini non hanno solo diritti ma anche doveri e si rispetta la proprietà privata.

In un mondo normale gente che ha vissuto sulle spalle degli altri cittadini per anni, non avrebbe il coraggio di chiedere ancora". Inoltre, sottolinea il primo cittadino di Gallarate, "in un mondo normale chi dice di lavorare dovrebbe avere una dichiarazione dei redditi".

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