Le gambe corte delle bugie sul Mes

Sul no del governo al Mes la novità del discorso di Conte di domenica è stato il dettaglio con il cui egli ha argomentato la sua contrarietà. Ed è proprio nel dettaglio che Conte è scivolato, come su una buccia di banana

Le gambe corte delle bugie sul Mes

Sul no del governo al Mes la novità del discorso di Conte di domenica è stato il dettaglio con il cui egli ha argomentato la sua contrarietà. Ed è proprio nel dettaglio che Conte è scivolato, come su una buccia di banana. Probabilmente gli importava né punto né poco, perché quello che conta è, come sempre, la comunicazione, il messaggio forte e chiaro ai suoi azionisti: il Pd favorevole al Mes e i Cinque Stelle contrari; nell'intento di accontentare chi tra i due si trova in un momento di debolezza. Peccato però che le parole un tempo volavano, mentre oggi restano, e ci si può ragionare anche a freddo.

Sostiene Conte che «i soldi del Mes sono prestiti, non possono finanziare spese aggiuntive». Ma possono coprire vecchie spese con un costo (il tasso d'interesse) inferiore. Anche se così fosse, non sarebbe male. Ma non è così, perché il Mes sanitario è pensato proprio per nuove spese. Tanto che poco dopo - contraddicendosi - il premier dice che «se prendo i soldi del Mes dovrò intervenire con nuove tasse»: le imposte sono nuove se coprono spese nuove, no? Ma non è nemmeno questo il punto che ci sta più a cuore, bensì il successivo.

Sostiene Conte che sì, i fondi del Mes costano meno. Ma in fin dei conti neanche tanto. Calcola che, rispetto all'emissione di Btp equivalenti, per lo Stato ci sarebbe un risparmio di oneri per interessi nell'ordine dei 200 milioni l'anno: troppo «contenuto rispetto all'effetto stigma». Stigma. La parolina magica che significa: se io comunico una certa scelta (chiedo il Mes) segnalo a qualcuno (al mercato) una verità non dichiarata (che sono in difficoltà finanziaria) che potrebbe avere costi maggiori rispetto all'opportunità aperta con la mia scelta iniziale. In altri termini, sostiene Conte, chiedendo il Mes il mercato si allarma e inizia a pretendere un tasso più alto per le future emissioni di Btp.

Dimentica invece Conte - o fa finta di dimenticare - che il mercato queste informazioni già le ha: tutti sanno che se lo spread tra Btp e Bund era ieri a 134 punti (contro i 160 di inizio anno) non è certo per nostre virtù, per prospettive economiche (Pil 2020 stimato a -9%), deficit (-10%) o debito (oltre il 150%). Niente di tutto ciò. Lo spread è basso solo grazie alla Bce, che sta comprando una montagna di Btp. Solo nel 2020, tra QE e PEPP (i due piani di acquisto in atto) Francoforte ha rilevato oltre 80 miliardi di Btp, pari a circa il 25% del totale degli interventi effettuati. Una quota molto più alta della proporzione a cui l'Italia a diritto nella zona euro, pari al 17%. Tale informazione, indice di una salute così così del Belpaese, è ben nota al mercato. Che però non può «stigmatizzare».

È dunque solo grazie

all'Europa, sotto le sembianze della Bce, che Conte può vantare la fiducia del mercato. E permettersi di respingere quella stessa Europa quando invece assume altre sembianze, politicamente non gradite, come quelle del Mes.

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