Siamo nell'XI secolo: in Inghilterra i re e la Corte per divertimento e in parte anche per necessità, montavano sui loro cavalli e giravano per le campagne a caccia di cervi, daini, e caprioli (la cosiddetta selvaggina nobile, di cui non fanno parte lepri e cinghiali). Era l'inizio della tradizione della Caccia a cavallo, che gli inglesi vennero a conoscere dopo la conquista normanna. XVIII secolo: un aneddoto racconta che il Duca di Beaufort, in Gran Bretagna, durante una battuta di caccia in una giornata magra di selvaggina, vide sbucare all'improvviso una volpe e lanciò la muta di cani e tutti i cavalieri al suo seguito per cacciarla. Certamente la furbizia della volpe rese la giornata estremamente più entusiasmante e ricca di imprevisti di quanto non sarebbe avvenuto galoppando dietro ad un cervo. Fu così che, secondo la tradizione, quella giornata nel 1762 diventò la data d'inizio ufficiale delle Cacce alla Volpe. Sono passati più di 250 anni, eppure non sarete finiti nella macchina del tempo il 5 ottobre a Monticelli Brusati (Bs) o a Sizzano (Novara) se vorrete partecipare ad una battuta di Caccia alla volpe della Società Bresciana dei Percorsi a Cavallo in Campagna o della Società Milanese Caccia a Cavallo (le stagioni invernali dei due gruppi partono lo stesso giorno): la tradizione delle Cacce alla volpe infatti si è mantenuta in tutt'Europa, dall'Italia all'Inghilterra, dall'Irlanda alla Francia, anche se oggi ogni Stato ha le sue regole e le sue leggi in campo.
Ieri e oggi
Da un lato è proibito uccidere le volpi in quasi tutt'Europa, dall'altro da tempo la Caccia non è più un costume e uno sport rivolto solo ai nobili: è una tradizione che si rivolge ad appassionati cavalieri, con buone abilità tecniche e che vogliono trascorrere una giornata all'aria aperta seguendo quello che è un costume ormai secolare. Si crea una caccia alla volpe, insomma, il più delle volte anche con muta di cani, senza che si voglia davvero ucciderne alcuna. Come è possibile? Si è trovata una via di mezzo tra il libero inseguimento della preda e una semplice, classica passeggiata in campagna secondo un percorso prestabilito. Questa via di mezzo prende il nome di «Drug Hunting»: resta la muta di cani, per le società che l'hanno, ma la traccia che questi seguono è stata lasciata prima da un cavaliere («Drag Man») che è passato con uno straccio imbevuto di odore di selvatico.
Quindi la Caccia alla Volpe oggi resta attiva in modo simbolico, ovvero simulato, in diversi paesi europei tra cui l'Italia. Le Società Ippiche di Cacce alla Volpe nel nostro Paese sono sparse in tutto il Centro-Nord: la Romana, la più antica, del 1842, fondata dal principe Odescalchi con la muta portata dall'Inghilterra dal conte di Chesterfield. Sulla scorta dell'esperienza romana fu fondata nel 1882 dal conte Feliche Sheilbler la Società Milanese per la Caccia a Cavallo. Nel 1890 nacquero la Friulana e la Torinese. La Bresciana, dal 1929.
Come funziona
Per ogni società, una giornata di Caccia si caratterizza anche quasi come un invito nella zona di uno o dell'altro socio, talvolta anche in dimore storiche, ville e castelli d'epoca. È quasi un'usanza che il Master si rechi almeno un giorno prima sul luogo in cui avverrà la caccia per vedere il percorso e aiutare a preparare gli ostacoli con tronchi e materiali naturale: «È chiaro che in Inghilterra o in Irlanda i terreni sono costituiti soprattutto da pascoli spiega Gustavo CB, Master della Società Bresciana dei Percorsi a Cavallo in Campagna, ex gentleman (termine tecnico per indicare il cavaliere agonista ma non professionista) di corsa ostacoli -. E quindi è più semplice fare lunghe galoppate».
Appena arrivati nel luogo di partenza della caccia è d'uso andare subito a salutare il Master e poi pagare il proprio «Cap» (dal nome del casco apposito da indossare a cavallo), la quota di partecipazione. Con i cavalli tirati a lucido (con coda e criniere toelettate, sellati possibilmente con sella nuda oppure con feltro o agnello; mai con copertine bianche o colorate e imboccature semplici), anche cavalieri e amazzoni devono essere al meglio: giacca da cavallo nera o di tweed, pantaloni beige, cravatta a plastron bianca, panciotto da caccia, stivali neri senza risvolti o marroni, guanti. Le amazzoni possono montare (in gergo equestre non si deve mai usare il termine «cavalcare») in giacca blu; i ragazzi devono obbligatoriamente indossare il cap o il casco. La tenuta in cilindro e coat rosso è riservata ai soci di ogni società di caccia. Creato il gruppo, ci si trova per il bicchiere della staffa: all'ordine dell'hunt staff, sciolti i cani, cavalli e cavalieri si radunano e danno il via alla battuta. Il Field (l'insieme dei cacciatori) parte seguendo le tracce lasciate dal Drag Man. Il Master, aiutato dai due Whippers, incita la muta a seguire la traccia artificiale e il Field Master (la guida dei cavalieri) conduce il Field lungo il percorso, tra salti e dislivelli naturali. Esistono dei momenti di interruzione, i Ceck Point, in cui si recuperano i cacciatori rimasti indietro e si dà da bere ai cani.
Colazione finale
Così svolte, senza una vera e propria ricerca della volpe, le Cacce a cavallo sono ad ogni modo eco-sostenibili e non interferiscono con l'equilibrio della flora e fauna. Le giornate si concludono con un ricevimento, una colazione solitamente offerta in una delle ville storiche in cui ci si trova, oppure in un agriturismo della zona. Sarà una ricchezza che andrà perduta nel tempo? «Siamo ottimisti dice il marchese Giovanni Battista Litta Modignani, Master della Società Milanese Cacce a Cavallo - si tratta di una tradizione sportiva che dovrebbe continuare grazie alla costanza di persone appassionate». «Oggi le cacce hanno perso la loro funzione di procurarsi il cibo gli fa eco Gustavo CB - si tratta di una tradizione rivolta a cavalieri esperti, in possesso della patente Fise, che non solo non comporta alcun danno per la selvaggina, ma è anche una tradizione che si mantiene, e un ottimo esercizio tecnico per cavalieri più orientati al dressage, Concorso completo o al salto ostacoli».
«Al massimo il problema sono i terreni aggiunge Litta - Ormai ci sono meno aree aperte in cui galoppare. Si può dire che i cavalieri sono dei buoni conoscitori di quanto l'inquinamento e gli abusi edilizi possano distruggere il nostro paesaggio naturale».Info. www.milanesecaccieacavallo.it, www.cacciaallavolpe.com
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