Il capitano italiano diventa eroe globale

Il capitano italiano diventa eroe globale

Basta fare il proprio dovere e in Italia si diventa degli eroi. Specie in tempi di paure collettive da epidemia e diffidenza verso il prossimo, sospetto portatore di infezioni, la gente ha fame di esempi rassicuranti di altruismo. Mentre l'Italia è tenuta a distanza dal resto del mondo come popolazione di untori, serviva proprio un eroe italiano per risollevare il morale nazionale mandato al tappeto dal virus. Ed eccolo arrivato il patriota tricolore, Gennaro Arma, comandante della Diamond Princess sbarcata nel porto di Yokohama dopo una quarantena a bordo durata quasi un mese (da notare che la nave è di una compagnia californiana, ma siccome è sbarcata in Giappone secondo Luigi Di Maio è «la nave giapponese»). Il comandante, come da protocollo, è stato l'ultimo a evacuare la nave, dopo passeggeri ed equipaggio. Un gesto normale, secondo gli obblighi previsti dal ruolo, ma che ha conquistato i cuori italiani come un atto di straordinario eroismo. Dopo aver assaltato gli scaffali dei supermercati per paura di morire di fame a casa, la pancia del Paese si è buttata con la stessa foga sulla foto del capitano che cammina sulla banchina, in divisa con mascherina e trolley in un fascio di luce nella notte giapponese, mentre si lascia alle spalle il transatlantico ormai vuoto, tipo John Rambo di ritorno dal Vietnam. Cos'ha fatto di così strabiliante? Niente, eccetto il proprio dovere di comandante. Certo, abituati agli Schettino che fuggono dalla nave che affonda, un comandante che non lo fa, e anzi gestisce senza farsela sotto un contagio sulla propria nave, ci appare come un campione di coraggio, un novello Enrico Toti. Anche se lasciare la nave per ultimo è proprio quello che prevede il Codice della navigazione all'articolo 303, che prescrive appunto che «il comandante deve abbandonare la nave per ultimo». L'obbligo è talmente importante che un successivo articolo del summenzionato Codice recita: «Il comandante che non scende per ultimo da bordo, è punito con la reclusione fino a due anni». Certo si può disquisire sul fatto che a quel punto, finita la quarantena, la nave non fosse più tecnicamente «in pericolo» e quindi non valesse più l'obbligo. Ma cosa avrebbe dovuto fare altrimenti il comandante Arma? Darsela a gambe, scavalcando di corsa i passeggeri, appena ricevuto il via libera per lo sbarco? Eppure sui social e nelle dichiarazioni politiche è tutta una festa dell'orgoglio italiano. Alimentato dalla stessa società armatrice, la Princess Cruises, che in una nota ringrazia il comandante definendolo «eroe» (sfruttando giustamente l'episodio anche per autopromuovere la propria flotta da crociera, se uno Schettino ti affonda la reputazione un comandante serio te la rafforza). La più sobria è stata la moglie di Arma, che all'Ansa dichiara: «Ovviamente il giudizio della compagnia fa molto piacere, ma non dite che è un eroe. Gennaro è un uomo di mare, ed ha eseguito quello che i capitani devono fare: essere a capo, guidare e prendere decisioni». Comunque sui social network il comandante va subito in tendenza (cioè tra gli argomenti più twittati) e diventa «simbolo di una nazione che non abbandona mai nessuno», l'anti-Schettino che riscatta l'Italia e la Campania (l'affondatore della Costa Concordia era di Castellammare di Stabia, lui è nato a Meta di Sorrento). Anche la politica cavalca l'eroismo del «capitano che scende per ultimo», a partire da Di Maio che ci ha pure parlato al telefono, in quanto ministro degli Esteri, non solo, ha anche candidato nel M5s il comandante Gregorio De Falco, quello dello «Schettino torni a bordo cazzo!», quindi è pratico della materia. «In questi giorni ho avuto modo di sentirlo più volte e mi ha colpito il suo coraggio.

Persone come il comandante Gennaro Arma sono il simbolo di un'Italia forte che non molla mai» commenta Di Maio cercando di intestarsi la bella figura. Retorica a parte, una cosa è certa: il comandante ha gestito l'emergenza Coronavirus molto meglio del governo italiano.

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