Il rientro in Italia delle spoglie di Elena di Savoia, cui farà presumibilmente seguito quello dei resti del marito Vittorio Emanuele III, è uno di quei fatti che, al di là dei singoli convincimenti politici, debbono essere guardati positivamente da tutti gli italiani. Non si tratta soltanto di un gesto di pietas umana ma anche di un segnale importante di riconoscimento della memoria storica del paese.
La millenaria dinastia dei Savoia, può piacere o non piacere, ha svolto un ruolo significativo nella storia nazionale italiana e non sarebbe giusto, neppure per chi è sempre stato contrario alla monarchia e ai suoi sostenitori, fare una tabula rasa del passato. Dopo settant'anni dalla morte di Vittorio Emanuele III e sessantacinque dalla scomparsa della moglie Elena non sussistevano motivazioni né logiche né politiche per impedire la traslazione in Italia dei resti della coppia reale.
Il rientro delle salme dei sovrani era stato, più volte, auspicato e chiesto proprio in nome dei diritti della storia e della memoria storica. Ricordo che, già all'inizio degli Anni settanta si parlò di un'«offerta» di Andreotti per un possibile rientro delle salme di Elena e di Vittorio Emanuele III: in quella occasione, Umberto II dall'esilio di Cascais dichiarò a Giovanni Mosca che essa sarebbe stata accettabile solo se fosse stata presa in considerazione l'ipotesi della sepoltura al Pantheon. Erano altri tempi.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. E molte cose sono cambiate. Lo dimostra proprio il fatto dell'avvenuta traslazione dei resti di Elena. È un fatto, lo ribadisco, positivo. L'opposizione preconcetta a un gesto doveroso, quanto meno sotto il profilo umano, finirebbe per assumere il sapore di una vera e propria vendetta postuma, la perpetuazione di un ostracismo nei confronti dei Savoia; o, peggio ancora, per dare l'impressione di una debolezza intrinseca di una repubblica timorosa dei fantasmi del passato.
La storia di un paese è piena di pagine belle, bellissime, e di pagine brutte, bruttissime. Ma è sempre la sua storia che non è lecito dimenticare o espungere dalla riflessione critica. Nella Russia post-comunista di Putin, per esempio, la memoria dello zarismo e quella del periodo comunista convivono e non condizionano né la ricerca storica né i giudizi etico-politici. È un esempio da tenere presente. Come pure un discorso analogo potrebbe essere fatto, con le debite differenze e andando molto più indietro nel tempo, a proposito del rientro della salma di Napoleone, morto anch'egli nell'esilio di Sant'Elena e poi tumulato a Parigi.
L'immagine di Vittorio Emanuele III è certamente legata, nella considerazione comune, alla storia del regime fascista, alla catastrofe della guerra e del Dopoguerra. In questi giorni nei quali, artificiosamente e strumentalmente, si paventa la rinascita di un inesistente pericolo fascista è presumibile che il rientro delle salme della regina e, con molta probabilità, del re venga letto in chiave politica e che si assista a una ripresa di assurde polemiche sul «re fascista» e sulle sue collusioni o colpe, vere o presunte. In realtà l'immagine di una «diarchia» che procede d'amore e d'accordo andrebbe corretta. E, invero, la storiografia lo sta facendo nel senso che sta mettendo in luce come, durante tutto l'arco del regime, vi sia stato un profondo contrasto fra il duce e il re e, ancora, come la presenza della monarchia abbia rappresentato un argine alla deriva totalitaria del fascismo. Tutto ciò, peraltro, senza negare le responsabilità del sovrano in determinate circostanze quali, per esempio, l'emanazione delle leggi razziali. Del resto - vale la pena di rammentarlo - la figura di Vittorio Emanuele III è legata non solo alla storia del fascismo ma anche, ben prima dell'avvento di questo, alle vicende dell'Italia «borghese» e liberale, al suo inserirsi nel gioco politico internazionale, al progressivo sganciamento dai legami della Triplice Alleanza, all'entrata in guerra nel 1915 al fianco delle potenze dell'Intesa e alla vittoriosa stagione di Vittorio Veneto.
La polemica politico-ideologica e la lettura faziosa della storia nazionale non dovrebbero
avere posto di fronte a un evento come il rientro delle salme di Elena e, in un prossimo futuro, di Vittorio Emanuele III. Un evento che suggerisce come non si debba avere paura né della propria storia né del proprio passato.
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