«Bonnie», aveva 36 anni, arrivava da Napoli e da tempo si era trasferita nelle Marche. Ieri mattina è morta. Un colpo di pistola al cuore, sparato da un orefice picchiato, spaventato e forse disperato, l’ha centrata al cuore. «Clyde», perché c’era anche lui, è scappato insieme con un altro complice. Qualcuno anzi sostiene che la banda di rapinatori entrata di buon ora nella gioielleria «Cifola» fosse composta da quattro persone. Due maschi e due donne. Una avrebbe fatto da palo aspettando in auto.
Insomma pari opportunità anche nel crimine. Stessi rischi d’impresa. Rosa Donzelli, non potrà più riprovarci. È crollata all’istante, sulla soglia di una modesta gioielleria, jeans e giubbotto nero, il borsone con la refurtiva ancora in mano. I complici l’avevano abbandonata. Loro impugnavano una pistola a salve, l’orefice, Francesco Cifola, 51 anni, una vera. Ha fatto fuoco quattro-cinque volte.
Monte Urano, nemmeno novemila anime che si conoscono tutte, in provincia di Fermo. Sono le 9.45 quando il commando entra in azione. Qui nessuno se l’aspetterebbe. Arrivano in tre: la rapinatrice e due colleghi. Chiedono di vedere dei gioielli, sempre quella la scusa, un regalo, un matrimonio da celebrare, un compleanno... Il negoziante «apparrecchia» il banco. A questo punto scatta l’azione. Violenta, improvvisa. Un colpo semplice, nelle previsioni dei malviventi. La minaccia della loro finta arma, un po’ di botte in testa al gioielliere, poi, una volta legato, tutto di conseguenza. Si arraffa quanto è disponibile e lo si obbliga ad aprire la cassaforte.
Ma ecco il contrattempo, l’allarme. Non ci avevano pensato e non si sono accorti che fosse scattato. È suonato contemporaneamente nell’abitazione del padre di Cifola e nella stazione dei carabinieri.
Primo ad accorrere Duilio, 77 anni, il papà di Francesco che vive a pochi passi dal negozio.
«Ho visto i banditi e mio figlio a terra, legato», racconterà più tardi». A quel punto ha afferrato con tutte le sue forze la maniglia, mentre uno dei banditi (che è anche rimasto incastrato con un braccio tra lo stipite e la porta) cercava di tirarlo dentro. La maniglia si è rotta e l’anziano è caduto a terra. Attimi, secondi da incubo che però hanno permesso al figlio di liberarsi e afferrare l’arma che sotto il banco. E a sparare. Per poi crollare a terra, ferito, intontito dalle botte ricevute. L’arrivo di alcuni passanti e negozianti non è bastato a fermare gli altri malviventi, due uomini, oltre alla seconda donna che li avrebbe attesi in macchina. Di loro si sono perse le tracce. «Le facce le ho viste bene - spiega in trance Duilio Cifola -. Erano facce da delinquenti. La gente, quando è uscito mio figlio, ha applaudito. Tutto è successo in pochi istanti ma io ringrazio Dio perché è andato tutto bene e ci siamo salvati... se mi tiravano dentro era finita. Ho quest’unico figlio ed è tutto per me». Anche le telecamere della gioielleria hanno registrato la sequenza. Serviranno a dare un’identità ai fuggiaschi, ma sorattutto a scagionare Cifola.
Lui, Francesco, scapolo, niente figli, è stato portato in ospedale. Non è grave, solo contusioni. «È sotto choc», testimonia il sindaco Francesco Giacinti. «Mi ha detto di aver avuto paura per la sua incolumità e per quella del padre».
Ora dovrà temere anche i magistrati.
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