Cronache

Giornata della memoria, il mondo ricorda l'orrore della Shoah

Il 27 gennaio 1945 si soldati russi aprirono i cancelli del lager di Auschwitz e il mondo scoprì i crimini compiuti dai nazisti. Contro gli ebrei e altre categorie di "indesiderati"

Giornata della memoria, il mondo ricorda l'orrore della Shoah

"Nulla più è nostro", scriveva Primo Levi in 'Se questo è un uomo'. "Ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga".

L'orrore apparve davanti agli occhi dei soldati russi il 27 gennaio 1945, quando verso mezzogiorno aprirono i cancelli del lager di Auschwitz scoperchiando i crimini compiuti dai nazisti contro ebrei e altre categorie di "indesiderabili", tra cui zingari, malati di mente, omosessuali, polacchi, comunisti e altre minoranze. In quel famigerato campo, allestito proprio lì perché la zona era ben servita dalla ferrovia, in meno di cinque anni morì oltre un milione di persone. Quando i sovietici guidati dal generale Viktor Kurockin fecero ingresso ad Auschwitz all'interno del campo c'erano circa 7.000 persone, tra cui molti bambini. Nel novembre 2005 l'Assemblea generale dell'Onu ha scelto la ricorrenza della liberazione del campo per istituire una Giornata mondiale di commemorazione di tutte le vittime dell'Olocausto.

La neo senatrice a vita Liliana Segre, in una recente intervista a Repubblica ha raccontato il suo dramma: "Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau, ero una ragazza di quattordici anni, stupita dall'orrore e dalla cattiveria. Sprofonata nella solitudine, nel freddo e nella fame. Non capivo neanche dove mi avessero portato".

Piero Terracina, uno dei sopravvissuti, qualche anno fa raccontò l'importanza di ricordare Auschwitz: "Perché fu progettato per sterminare con cinica intelligenza ed efficienza. Auschwitz era il posto dove chi sopravviveva, veniva privato di ogni diritto.

Non poteva avere ricordi, anche il ricordo dei familiari, il senso della famiglia veniva schiacciato dall'esigenza di sopravvivere".

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