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Giuseppi minaccia: alle urne con la mia lista

Nel giorno in cui i riflettori sono tutti puntati sulla Camera, Palazzo Madama è quasi un deserto

Giuseppi minaccia: alle urne con la mia lista

Nel giorno in cui i riflettori sono tutti puntati sulla Camera, Palazzo Madama è quasi un deserto. È qui che oggi Giuseppe Conte si giocherà la partita della vita, con numeri che già ieri mattina più di un senatore raccontava «ballerini». La maggioranza assoluta di 161 è lontana, ma anche quella semplice - sufficiente alla sopravvivenza del governo - rischia di essere più risicata di quanto fino a poche ore fa si pensasse. Non un dettaglio, perché - politicamente parlando - più al Senato la soglia si abbassa e più risulta difficile per M5s e Pd - ma pure per il Quirinale - dare legittimazione politica a un esecutivo destinato a navigare a vista. In questo senso, già dalla Camera è arrivato un primo segnale. Il 9 settembre 2019 il Conte 2 aveva preso la fiducia con 343 voti, ieri sera erano 321.

È in questo quadro che nei desolati corridoi di Palazzo Madama due senatori centristi raccontano di una «insistente campagna acquisti di Palazzo Chigi». Che avrebbe messo sul piatto non solo le poltrone lasciate libere da Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto, ma anche i preziosi posti in una futura Lista Conte. Non un dettaglio, soprattutto tenendo conto del fatto che - con il taglio dei parlamentari - praticamente tutti i partiti avranno problemi di sovraffollamento quando ci sarà da mettere giù le nuove liste elettorali. Stando ai sondaggi, solo Fratelli d'Italia - che oggi ha una pattuglia parlamentare poco numerosa - avrà davvero margini di manovra. Tutti gli altri non riusciranno a soddisfare le inevitabili pretese degli uscenti. Ma la futura Lista Conte di uscenti non ne ha e ad oggi i sondaggi dicono che un partito del premier potrebbe portare a casa circa una sessantina di parlamentari. Insomma, di questi tempi, una sorta di Sacro Graal per deputati e senatori più o meno sicuri di non essere ricandidati dai partiti di appartenenza.

Sul piatto, dunque, il premier sta mettendo un'ottima merce di scambio. Con l'obiettivo di arrivare oggi in Senato a una quota politicamente dignitosa: 155 voti. Non la maggioranza assoluta, ma abbastanza per gettare le basi di una trattativa che nelle prossime settimane porti a nuovi arrivi che possano stabilizzare la maggioranza. L'appello a una riforma della legge elettorale proporzionale, per esempio, potrebbe trovare qualche sponda tra le fila di Forza Italia. Un simile sistema di voto, infatti, permetterebbe al partito di Silvio Berlusconi di giocare la corsa delle elezioni senza necessariamente essere costretto al vincolo con Lega e FdI, aprendo praterie al centro.

Di contro, restano i dubbi di Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Che, mai pubblicamente, hanno grandi perplessità su un nuovo governo Conte. Una futura lista del premier, infatti, andrebbe a rosicchiare voti proprio a loro. E non è un caso che ieri il segretario del Pd ci abbia tenuto a far sapere che «la strada resta stretta». Un modo per drammatizzare la situazione nella speranza che oggi al Senato spunti qualche voto in più, ma anche un messaggio al presidente del Consiglio: ti seguiamo, ma c'è un limite oltre il quale non possiamo andare. Perché è chiaro che se nelle prossime settimane Conte non riuscirà a portare a casa i cosiddetti «costruttori», il suo governo è destinato a ballare. Con Matteo Renzi decisivo in Senato in ogni voto che richiede la maggioranza qualificata.

Un percorso a ostacoli, dunque. Nel quale sia Zingaretti che Di Maio non sottovalutano i rischi. Il loro obiettivo è scavallare i prossimi tre mesi, arrivare a fine aprile e, di fatto, sventare lo scenario delle elezioni anticipate (con il nuovo Parlamento che nel 2022 eleggerebbe il successore di Sergio Mattarella). Tra lo scioglimento delle Camere e le urne, infatti, devono passare tra i 45 e i 70 giorni, per consuetudine almeno 60 per il voto all'estero. Siccome a luglio non si è mai votato, resistere fino a fine aprile significherebbe di fatto sventare le urne. Peraltro, a inizio agosto si entra nel semestre bianco.

Conte, però, è ben cosciente delle perplessità di Zingaretti e Di Maio. Al punto che nei giorni scorsi il premier ha puntato il dito contro il ministro degli Esteri, reo - dicono a Palazzo Chigi - di aver veicolato ai media la «velina» secondo cui il M5s era «spaccato» sul sostegno a Conte. Che, non a caso, ha iniziato ad agitare lo spauracchio delle elezioni. Se salta il banco - è il senso dei messaggi fatti arrivare ai leader di Pd e M5s - farò di tutto per arrivare al voto anticipato e mi presenterò con la mia lista.

Che, inutile dirlo, i voti li andrebbe a drenare proprio a dem e grillini.

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