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La grande ipocrisia della politica gratis

In Italia un esponente politico non è libero di avere degli sponsor, ossia non è libero di poter vantare dei finanziatori privati che, alla luce del sole, cerchino di ricavare un interesse al quale il politico possa dare seguito

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In Italia un esponente politico non è libero di avere degli sponsor, ossia non è libero di poter vantare dei finanziatori privati che, alla luce del sole, cerchino di ricavare un interesse (concessioni, permessi, considerazione) al quale il politico possa dare seguito, oppure possa anche non farlo, ma sempre rispondendo infine alla globalità degli elettori che l'hanno votato: che poi sarebbero il 56 per cento dei genovesi, nel caso fosse un presidente rieletto della Liguria.

In Italia non viene concepito che ogni singolo cittadino possa essere il portatore di un interesse che, sommato a quello di altri cittadini, o imprese, comunque lavoratori e portatori di ricchezza, possa formare degli altri gruppi di interesse, di pressione, delle cosiddette lobbies che cerchino legalmente e con delle sovvenzioni (denaro, facilitazioni, pubblicità, spot) di influenzare le strategie e le decisioni prossime a venire.

In Italia, in questo scenario, il politico diviene un politicante, la politica un losco traffico, l'amministratore un oscuro smerciatore che opera «coi soldi nostri»: settant'anni di catto-comunismo e di agonizzante assistenzialismo hanno trasformato ogni ricchezza in una colpa, e un vetusto sanculottismo offre il fianco alle peggiori demagogie antipolitiche e al peggior qualunquismo da social, alle peggiori frustrazioni e invidie sociali di chi vorrebbe eternamente impiccare i ricchi ai lampioni. Il politico italiano deve nascere ricchissimo oppure è concepito come una sorta di fungo che cresca spontaneo, non coltivato da nessun interesse concimato dallo sterco del demonio.

In Italia le imprese che vogliano elargire doni o «liberalità» alle amministrazioni non possono spendere più di 150 euro (Cassazione 49524 del 2017) e per il resto le leggi non mancano, abbondano interpretabilissime «corruzioni», «corruzioni elettorali», «corruzioni improprie», «traffico di influenze» e, secondo la Cassazione (28796 del 2020), è illecito anche finanziare una fondazione in qualche modo collegata alla politica: è sufficiente una «simbiosi operativa tale per cui la fondazione possa dirsi sostanzialmente inserita nell'azione del partito o di suoi esponenti»; ecco perché, qualora una fondazione fosse riconducibile, per esempio, a un presidente rieletto della Liguria, si potrà leggere tranquillamente che «la procura va a caccia degli imprenditori coinvolti, e nell'ordinanza si legge che tra i finanziatori di Change, la fondazione che faceva capo a Toti, e il Comitato Giovanni Toti, oltre agli imprenditori portuali, ci sono anche quelli che si occupano di rifiuti e discariche». Caccia. Imprenditori. Arresti. Non fa niente se il rischio, nel complesso, fosse quello di «criminalizzare ogni interlocuzione politica tra un imprenditore interessato a un progetto ad ampio respiro e un soggetto appartenente alla maggioranza politica che dovrà valutare il progetto medesimo» (Cassazione 448 del 2019).

In Italia, se fai questo, una procura e un giornale scriveranno di «tangenti pulite e fatturate» come fece il peggior Giuseppe D'Avanzo su Repubblica (2010) a proposito della Protezione civile di Guido Bertolaso, poi assolto perché il fatto non sussisteva.

In Italia qualsiasi intesa tra un privato e un esponente politico potrebbe essere considerato illecito (anche il voto) perché ogni accordo che presuppone una «par condicio contractualis», e che nasca cioè da un incontro libero e consapevole della volontà delle parti, viene definito «sistema», ciò che l'inchiesta Mani pulite chiamava «dazione ambientale».

In Italia, ergo, niente di nuovo e tutto di vecchio: serve una norma (una nuova, ennesima, maledetta legge) che renda inequivoche le applicazioni delle leggi che ci sono già, e che una massa di burocrati questo sono certi pm: dei burocrati, signori dell'immobilismo e del tempo perso non può interpretare a piacimento senza peraltro pagare mai pegno.

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