Di Maio & C. hanno distrutto la politica estera

Nella Montecitorio semideserta di fine lockdown, Paolo Zangrillo, coordinatore di Forza Italia in Piemonte e fratello del medico di fiducia del Cav, scuote la testa mentre guarda a ritroso le posizioni dei 5stelle in politica estera

Di Maio & C. hanno distrutto la politica estera

Nella Montecitorio semideserta di fine lockdown, Paolo Zangrillo, coordinatore di Forza Italia in Piemonte e fratello del medico di fiducia del Cav, scuote la testa mentre guarda a ritroso le posizioni dei 5stelle in politica estera. «Valigetta con i soldi a Casaleggio o no - osserva - il punto è un altro: i grillini cosa avrebbero dovuto fare di più di quello che hanno fatto per difendere in Italia il regime venezuelano?! E la stessa cosa potrei dire per la Cina: se è vera la notizia del giornale spagnolo di tre milioni e mezzo dati da Maduro a Casaleggio, allora la Cina, parlo in via ipotetica, potrebbe avere dato dieci volte tanto per come Di Maio e compagni hanno favorito il 5G di Pechino o la via della seta. Ma la questione vera è la pressappochezza con cui le coalizioni da noi trattano la politica estera. Anche noi come facciamo a stare con una Lega anti Europa, che non capisce come per noi la Bce ha la stessa importanza della terapia intensiva per i malati di Covid: senza la Bce saremmo già in bancarotta! Salvini e la Meloni dovrebbero fare lo stesso discorso solenne che fece Berlinguer sulla Nato. Dire: siamo sotto l'ombrello protettivo dell'euro!».

Due passi e trovi un renziano che fa discorsi più o meno analoghi. «Al di là dei soldi - osserva Gennaro Migliore - i grillini sono un movimento troppo permeabile dall'esterno. In pochi anni hanno simpatizzato per tre regimi diversi: il Venezuela, la Russia, la Cina. Ecco perché la politica estera dovrebbe tornare a essere una delle discriminanti su cui si fonda un'alleanza di governo».

Eh sì, nei tempi andati della prima Repubblica, una volta considerati brutti e ora rivalutati da tutti, il primo capitolo di un programma di governo era la politica estera. Senza un accordo ferreo su quei temi, sull'atlantismo, non si andava da nessuna parte. Ora nei programmi delle coalizioni la politica estera si salta a piè pari. La vicenda Casaleggio-Maduro al di là dei timbri falsi o no, delle valigette con gli euro al posto dei dollari, delle ambasciate, riporta a questo argomento. Spiega Pierferdinando Casini, che ne ha viste tante: «La politica estera è residuale perché noi siamo diventati residuali sul piano internazionale». Solo che se tu non ti occupi degli altri, sono gli altri che si occupano di te. E se una volta era più semplice, al tempo della guerra fredda, e si riduceva tutto all'Est e all'Ovest, ora la pluralità dei soggetti in campo, lo scontro asimmetrico, ha fatto moltiplicare il numero dei potenziali burattinai.

Basta guardare, appunto ai 5stelle. Sono partiti con l'innamoramento per Maduro. Durante il governo gialloverde hanno obbligato una persona mite, un europeista convinto come l'allora ministro degli Esteri Moavero, a difendere il regime di Caracas. Poi, sai per quali ragioni, nell'era Di Maio, il nuovo piatto forte grillino sono stati gli involtini primavera. Al costo di mandare su tutte le furie Washington, dopo la stretta di mano tra Gianroberto Casaleggio, Beppe Grillo e l'ambasciatore Ding Wei nel lontano 2013, appena arrivati al governo i 5 stelle si sono schierati a favore del 5G e della Via della seta; addirittura Di Maio ha inviato il 15 febbraio, mentre l'Italia era sul baratro della pandemia, due tonnellate di materiale sanitario in Cina; e anche il redivivo Di Battista la prima frase che ha pronunciato, sbarcando a metà aprile di nuovo in politica, è stata: «L'Ue vuole spingerci a indebitarci, noi abbiamo un rapporto privilegiato con Pechino e la Cina vincerà la terza guerra mondiale». Più o meno quello che dicevano i giovani pionieri del Pci parlando dell'Unione Sovietica di Stalin.

Ma torniamo ai soldi di Maduro o di altri: l'esperienza ci insegna che le valigette piene di euro o di dollari è difficile provarle. O almeno ne avrai conferma solo quando la Cronaca diventerà Storia. La leggenda dei rubli di Mosca al Pci è stata acquisita dagli storici - con tanto di documenti negli archivi del Comintern o del Kgb - solo dopo la caduta del muro di Berlino. Così se quei tre milioni e mezzo sono arrivati davvero nelle casse della Casaleggio associati, bisognerà attendere la fine del regime degli eredi di Chávez. Per orientarti ora ti resta solo la logica deduttiva: questo vale per gli euro di Maduro, gli yuan di Pechino o i dollari di Mosca (le accuse alla Lega sono ancora lì). Devi analizzare, insomma, le mosse dei diversi partiti. Gli interessi. «Lasciamo stare le valigette - si infervora il leghista Garavaglia - ma io so quello che hanno fatto nel governo gialloverde i grillini in favore di un regime impresentabile come quello di Maduro! Stessa cosa stanno facendo con i cinesi. Non solo il 5G, la Via della seta, ma anche la battaglia per l'auto elettrica. Traduzione? Le batterie elettriche portano al litio; i giacimenti di litio sono un monopolio cinese. Punto. Io, invece, in politica estera sto sempre con chi vince le guerre: gli americani».

E torniamo alla politica estera, di cui sono orfani i partiti italiani. «È assolutamente così», ammette l'ex premier Matteo Renzi: «Una constatazione che ha dei corollari. Intanto si indaghi sul Venezuela come si è fatto sulla Lega per il Russiagate. Poi, a vedere come si muovono i grillini, ci sarebbe da porre una domanda: ma Casaleggio li ha presi i soldi dai cinesi? Come pure uno può prevedere, su un altro piano, che sarà l'Europa la causa del divorzio tra Fi e il centrodestra. E per dire una cosa che mi riguarda: la mossa del cavallo, quella che mi ha spinto a favorire la nascita del governo giallorosso al posto di quello gialloverde, ha tutte ragioni legate alla politica estera».

Appunto, se non ti occupi degli altri, saranno gli altri che si occupano di te. Saranno le alleanze internazionali a bussarti alla porta. Ecco perché Mario Segni, padre del referendum che aprì la strada alla seconda Repubblica, incita oggi Salvini e la Meloni a mutare posizione sull'Europa: «Saranno emarginati da un altro fattore K: l'ostracismo verso il Pci nacque perché ostile agli Usa; loro saranno messi da parte perché ostili all'Europa». «Sottovalutano - rimarca il capogruppo di Leu, Federico Fornaro - il posizionamento internazionale. L'unico che non commette questo errore è il Cav. Salvini rischia di essere vittima del fattore E come Europa. Se si farà un altro governo, la faglia, il confine sarà proprio sul tasso di europeismo dei partiti: ciò porterà Berlusconi nell'area di governo e determinerà la scissione tra i 5 stelle».

Eh sì, perché poi sono le tematiche internazionali a determinare le metamorfosi dei movimenti populisti o rivoluzionari: i grillini, ad esempio, saranno giudicati sulla loro posizione sul Mes.

Confida Gianluca Castaldi, sottosegretario 5stelle ai rapporti con il Parlamento, ormai lontano anni luce da Maduro: «Io insieme ad altri due compagni del movimento siamo andati tre volte in Azerbaigian per saperne di più sulla Tap. E ci siamo resi conto che le nostre riserve erano fondate, ma che non si può fare la guerra su quello che in realtà è un tubo. La verità è che il governo ti cambia. Ti rende responsabile. Per questo Dibba sbaglia!».

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