Coronavirus

"Qui malati di 18 e 30 anni..." L'identikit dei nuovi contagiati

Lo pneumologo Blasi ha spiegato che la mortalità è invariata ma l’età dei pazienti si è abbassata

"Qui malati di 18 e 30 anni..." L'identikit dei nuovi contagiati

L’identikit dei nuovi contagiati è cambiato, adesso tra i malati ci sono pazienti di 18 e 30 anni. A lanciare l’allarme è stato Francesco Blasi, professore di Malattie dell'apparato respiratorio all'università degli Studi di Milano e direttore della Pneumologia (ora Covid) del Policlinico del capoluogo lombardo, che all’Adnkronos Salute ha spiegato cosa sta avvenendo nel suo reparto.

L'età dei malati Covid si è abbassata

"Ormai siamo in terza ondata e se guardo alla mortalità di Covid-19 posso dire che più o meno è rimasta invariata rispetto alla prima e alla seconda ondata, sia in unità intensiva che nella semi-intensiva che io dirigo. Parliamo ancora di una mortalità al 40% in intensiva e fra il 16 e il 18% nei reparti ad alta intensità. Quel che è cambiato è il tipo di pazienti che arriva: l'età si sta abbassando, abbiamo pazienti giovani. Io per esempio ho ricoverato un paziente di 18 anni e uno di 30. Erano casi piuttosto rari nella prima e seconda ondata, ora l'impressione è che siano più frequenti" ha reso noto il professore sottolineando che tra i malati l’età si è abbassata.

Anche tra i pazienti che arrivano al pronto soccorso sembra esserci una notevole differenza rispetto a qualche mese fa: adesso sono più giovani rispetto a quanto registrato durante le due ondate precedenti. Blasi ha però tenuto a dire che “questa è ovviamente un'impressione, non possiamo fare nessun confronto reale. Sono spesso giovani che hanno malattie o un fattore che sappiamo aumentare il rischio in questa malattia, come l'obesità. Ovviamente ogni area ha le sue specificità e non possiamo generalizzare. Il dato nell'ospedale in cui lavoro, qui a Milano, è questo".

Malattia strana che peggiora all'improvviso

Almeno secondo quanto percepito all’interno della sua struttura ospedaliera, il professore non sembra avere l’impressione che i malati Covid muoiano più velocemente. Anche se, come ha precisato Blasi, questa resta una malattia strana, il cui peggioramento può arrivare improvvisamente in un paziente che apparentemente stava bene fino a pochi giorni prima. La diffusione delle varianti del virus è sempre comunque una incognita da non sottovalutare. Blasi ha poi aggiunto che "se in un territorio è al 60% la variante inglese, che sembra agire più sulla diffusibilità dell'infezione, si crea una determinata situazione, che sarà diversa da quella di un'altra zona in cui magari agisce di più un'altra variante, che potrebbe esitare in una maggiore gravità. Il risultato è che a duecento chilometri di distanza può esserci un quadro completamente diverso dal nostro. Noi al momento non stiamo percependo questo fenomeno, ma l'arrivo di varianti può essere un problema importante anche nella gestione ospedaliera".

Raddoppiati gli ingressi al pronto soccorso

Anche se Brescia è messa peggio di Milano, il capoluogo lombardo secondo il professore si sta avvicinando a virere giorni pesanti. Come riportato dallo pneumologo, in questo momento vi è un aumento importante dei malati di Covid-19 che arrivano in pronto soccorso, e “al Policlinico di Milano si è passati per esempio da 5-6 pazienti al giorno a 12-14 giornalieri, di cui circa la metà sono da ricoverare. E abbiamo in questo momento i reparti Covid pieni, tanto che oggi si è decisa l'apertura di un altro reparto dedicato”. Il professore ribadisce che l’unico modo per cercare di uscire da questa situazione è quello di velocizzare il più possibile le vaccinazioni, senza aspettare la bella stagione.

Intanto le terapie intensive di tutto il paese si stanno riempiendo. Ieri la soglia critica del 30% di occupazione è stata superata dopo due mesi, arrivando al 31%. I pazienti stanno però cambiando, come ha spiegato all'Agi Alessandro Vergallo, presidente dell'associazione dei rianimatori ospedalieri Aaroi-Emac: "Vediamo sempre meno malati gravi tra gli over 80, e sempre più persone in età lavorativa, tra i 50 e i 60 anni. Da due mesi l'età media dei pazienti in terapia intensiva sta scendendo, era a 72 anni e oggi è a meno di 60". Vergallo ha anche precisato che i motivi potrebbero essere diversi, come per esempio la diffusione delle varianti, forse più contagiose tra i giovani.

Servono però ulteriori dati secondo il presidente per poter essere certi dell'impatto.

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