Non è certo una notizia che i Tribunali italiani siano l'ancora di salvataggio degli immigrati che si vedono rifiutare la domanda di asilo. Se da una parte le Commissoni territoriali rigettano le istanze del migrante, dall'altra i giudici si adoperano per accettarne le giustificazioni ed emettere d'imperio un permesso di soggiorno. È il cortocircuito italiano.
Il mantra si ripete quotidianamente più o meno così. Un nigeriano arriva col barcone sulle coste italiane. Viene inserito in un programma di accoglienza e presenta domanda di asilo. A spese degli italiani soggiorna per circa 2 anni, visto che le Commissioni territoriali sono oberate di lavoro e per esaminare le richieste ci vuole più tempo di quanto ci si attenedva (all'inizio si pensava che in sei mesi si potesse sbrogliare la matasse: ingenui). Non appena la Commissione chiama il suddetto migrante per l'audizione, questi deve presentarsi e raccontare la sua storia personale: per quale motivo è fuggito, cosa lo porta in Italia e perché teme di morire nel caso in cui dovesse essere rimpatriato. La commissione (formata da un viceprefetto, un poliziotto, un inviato dell'Unhcr e un rappresentante del Comune) valuta, decide e poi informa: istanza rigettata oppure accolta.
Sebbene la stampa ci voglia far credere che tutti i stranieri fuggano da guerre indicibili e sono dunque tutti "rifugiati", i numeri dicono tutt'altro. Anzi: l'opposto. Come rivelato dal Giornale.it già un anno fa, infatti, il 77%% degli immigrati sbarcati non è tecnicamente un "rifugiato", visto che il 61% delle richieste d'asilo si concludono con un diniego e un altro 20% ottiene un permesso di soggiorno molto speciale che solo l'Italia dona generosamente (a differenza degli altri Stati Ue, che lo usano solo in via residuale). I numeri del 2016 lo confermano: su 90.473 domade esaminate, ben 55.425 sono state respinte.
Il problema è che la quasi totalità di chi riceve il secco "niet" si rivolge al tribunale per fare ricorso. In fondo non costa niente (a loro), visto che l'avvocato lo paghiamo noi col gratuito patrocinio e ci costa circa 600 milion di euro l'anno. Ma soprattutto la possibilità di convincere le toghe è molto alta, trasformandosi così per sentenza da migranti economici a rifugiati. Ma perché se la Commissione territoriale ha valutato negativamente quella domanda il giudice deve accoglierla?
Oggi La Verità ha raccolto alcune delle grottesche sentenze dei tribunali italiani con cui i togati hanno regalato accoglienza. Per esempo un immigrato del Gambia aveva raccontato alla commissione prefettizia di essere arrivato in Italia perché nel 2011 aveva perso un camion e suo zio, proprietaro del mezzo, "lo aveva minacciato di morte e denunciato alla polizia". La commissone non ci aveva creduto (e ci mancherebbe), ma un giudice a Perugia gli ha dato ragione. Pur riconoscendo di "non poter ritenere i fatti esposti come atti persecutori, trattandosi sostanzialmente di una controversia di natura economica tra il ricorrente e lo zio in ordine alla perdita del camion" e pur convinto che non ci sia "alcuno specifico elemento da cui desumere che se il ricorrente tornasse nel suo Paese sarebbe esposto a pericolo", la toga gli ha conferito comunque il permesso di soggiorno. Domnda: perché? "Il rimpatrio - si legge nella sentenza - porrebbe il ricorrente in estrema difficoltà economica e sociale". Avete capito? Non era in pericolo di vita e nessuno lo minacciava. Ma dobbiamo tenercelo lo stesso.
E pensare che il più delle volte le storie raccontate dai migranti sono inventate o palesemente esagerate. A raccontarcelo fu una mediatrice culturale, anche questa di Perugia, che ogni giorno si trovava a tradurre assurde giustificazioni avanzate dai profughi. Ma andiamo avanti. A Milano un giudice ha graziato un pakistano che sosteneva di aver "frequentato una scuola coranica dov’era stato avvicinato da alcuni imam radicalizzati e da terroristi del gruppo Lashkar e Jhangvi". I jihadisti avrebbero cercato di convincerlo "ad arruolarsi per combattere la guerra santa" e al suo rifiuto lo avrebbero minacciato, tanto da indurlo a scappare in Italia. Per il magistrato "le vicende sono narrate in modo alquanto generico e poco credibile", probabilmente frutto di "racconti sentiti da altri". E allora perché gli ha concesso il soggiorno? Perché nel suo Paese esiste "una situazione di violenza indiscriminata e di scontro tra gruppi armati".
Non basta? Ci sono il disertore che non sa neppure quanto rischiebbe in patria (a Napoli), oppure il senegalese che sostiene di aver incendiato per errore un allevamento di polli uccidendo tre persone.
E ancora il profugo del Burkina Faso che non poteva tornare a casa perché "il padre, a causa di una malattia che gli ha provocato cecità, non poteva più pagargli tasse scolastiche" e il bengalese beccato dal mullah a fare sesso con un uomo. Benvenuti in Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.