"Che è successo, signora?". "Niente, ho ucciso mio marito". Con questo scambio di battute inquietante, Salvatrice Spataro comunicò ad un operatore del 118 di avere assassinato il marito, Pietro Ferrera. Il delitto, al quale presero parte anche i due figli maggiori della coppia, Mario e Vittorio, di 22 e 21 anni, avvenne a Palermo, nell'abitazione di famiglia, in via Falsomiele 138/P, intorno alle 23,30 del 14 dicembre scorso. La vittima, ex sottufficiale dell'Esercito, fu massacrata con oltre cinquanta coltellate.
A mezzanotte e sei minuti la donna chiamò il numero di emergenza sanitaria ma, lasciando di stucco il centralinista, si mostrò preoccupata più per la ferita alla mano, riportata nella colluttazione dal figlio minore, Vittorio, che non dal decesso del coniuge. Gli atti sono stati depositati dopo che i pm Gianluca De Leo e Giulia Beux hanno chiesto il rito immediato, per saltare l'udienza preliminare. Iniziativa a cui l'avvocato Maria Antonietta Falco ha risposto con la richiesta del rito abbreviato, condizionato all'esecuzione di una perizia psicologica e psichiatrica sui tre imputati, detenuti da ormai più di sei mesi.
Ferrera sarebbe stato infatti una sorta di padre padrone, ucciso per le vessazioni fatte subire a moglie e figli. La chiamata viene registrata alle 00,06 e 27 secondi del 15 dicembre 2018: "118, pronto?". "Pronto, per favore, urgentemente dovete venire in via Falsomiele 138 P, P come Palermo, c'è mio figlio che è tutto insanguinato". L'operatore chiede cosa sia successo. "Niente, ho ucciso mio marito, ma c'è pure mio figlio che si è tagliato". "Che cosa?". "Ho ucciso mio marito".
"Chi è? Chi è che ha ucciso suo marito, lei?". "E se può venire - sì - e se potete venire che c'è mio figlio tutto tagliato che perde sangue". "Ma suo marito è cosciente? Parla?". "No, non parla, è morto! Potete venire per favore urgentemente?". "Va bene, va bene".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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