Coronavirus

Prima i contadini, poi l'ecatombe: così è esploso il nuovo focolaio

Al centro dei nuovi contagi, che hanno messo in ginocchio Bergamo e Brescia, ci sarebbero due fiere, una in Val Seriana e una Orzinuovi. Il virus dai contadini di Codogno si sarebbe propagato da lì, ma gli imprenditori che hanno continuato a lavorare non ci stanno

Prima i contadini, poi l'ecatombe: così è esploso il nuovo focolaio

All'origine della rapida diffusione del nuovo coronavirus in Lombardia, ci sarebbero due eventi ai quali avrebbero partecipato alcuni contadini di Codogno, in provincia di Lodi. Una fiera del fieno a Nembro, in Val Seriana, in provincia di Bergamo, e un'altra fiera di animali a Orzinuovi, in provincia di Brescia. Il Covid-19, in queste aree sarebbe qundi arrivato così, per poi propagarsi in tutta l'area, registrando un alto numero di contagi.

La situazione a Brescia e Bergamo

Secondo quanto riportato da La Stampa, tutto potrebbe essere partito da lì e adesso le due città, Bergamo e Brescia, conterebbero un numero piuttosto alto di decessi e di contagi. A Brescia, per esempio, nelle ultime ore i sanitari avrebbero contato 3.069 positivi e 374 persone decedute a causa del virus. E anche se i numeri sembrerebbero abbassarsi un po', l'area (almeno al momento) resta comunque una delle più pericolose.

La posizione di Gallera

E fin da subito, l'assessore al Welfare della regione Lombardia, Giulio Gallera, aveva fortemente chiesto che le aree fossero subito "zone rosse", ma come spiegato dal funzionario "qualcuno ha remato contro, il governo ha balbettato e alla fine non se n'è fatto più niente". E come confermato da Gallera chiudere adesso sarebbe inutile: "Aspettiamo i risultati di queste due settimane e poi vediamo. Domenica decideremo". E come fatto capire anche dal presidente del Consiglio, è possibile che le misure di contenimento siano prorogate oltre il 3 aprile.

La ricostruzione

E nonostante, due settimane fa, la commissine tecnica della protezione civile avesse dato parere positivo alla chiusura almeno della Bergamasca, una volta arrivata la richeista a palazzo Chigi, l'avviso non sarebbe stato recepito, fino al 7 marzo, quando il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha deciso la chiusura totale dell'intero Paese, facendolo così diventare un'ampia zona protetta. Da Nord a Sud.

La fuga

A quel punto, come spiegato da Gallera, in tanti sarebbero letteralmente scappatti e "pare che, di notte, qualcuno abbia anche spostato i macchinari dei capannoni". Anche perché, come segnalato dalla ricostruzione del quotidiano, per molti imprenditori della zona colpita, il lavoro è sacro. Ed è per questo motivo che potrebbe avere prevalso la volontà di continuare a lavorare, piuttosto che il sendo di responsabilità e la chiusura.

La replica dei lavoratori

Tuttavia, secondo quanto spegato da Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombarida e di Officine Meccaniche Rezzatesi, le aziende che potevano chiudere "hanno chiusto tutte" e definito questa polemica come "sterile", aggiungendo: "E poi, aziende farmaceutiche e supermercati non sono forze aziende? Quelle, per esempio, è bene che rimangano aperte. E le mascherine chi le fa se non altre aziende?". Il presidente, originario di Brescia, ha fatto sapere che sono stati comunque in molti ad aver "ridotto la produzione per tenere viva l'azienda": "Chi non ha commesse o ha il mercato fermo fa prima a chiudere".

Tutte le misure

"Stiamo raccogliendo i morti dei contagi delle settimane prima", conferma Bonometti, come a sottolineare che se le misure fosserostate prese prima i numeri ora (forse) sarebbero diversi. Nella sua azienda, ha incentivato le ferie, ridotto il personale, disposto il lavoro da casa e chiuso i reparti ritenuti non essenziali, nonostante la sua impresa abbia dovuto mantenere le produzioni per i clienti americani, cinesi, austriaci e tedeschi.

La risposta bresciana

Anche Giuseppe Pasini, di Confindustria Brescia, ha voluto dire la sua su questa ricostruzione: "Ci sono altre industrie che non riescono a chiudere perché sono strategiche per le persone e per le filiere internazionali e rischiano di pagare penali molto alte. Altre hanno alti standard di sicurezza". Dalla città lombarda, che ha registrato un alto numero di contagi, hanno fatto notare che prima che fosse emanato il decreto dell'esecutivo giallo-rosso, la città si era svuotata anche per il bel tempo.

Così le industrie avrebbero attribuito più responsabilità alle gite fatte per il bel tempo, piuttosto che alla prosecuzione del lavoro.

Commenti