Cronache

I dieci tesori nascosti nel cuore di Milano

Dieci tesori nascosti vengono svelati nel cuore di Brera. Gli haiku del poeta inglese Alistair Gentry narrano la storia di ognuno, conducendoci in una dimensione onirica e surreale

I dieci tesori nascosti nel cuore di Milano

Dieci tesori nascosti vengono svelati nel cuore di Brera. Gli haiku del poeta inglese Alistair Gentry narrano la storia di ognuno, conducendoci in una dimensione onirica e surreale. È così che l’universo del nuovo marchio d’arredi JCP è raccontato. Per l’occasione, l’atelier di Via Solferino di fronte al 22 è stato scenograficamente trasformato in un paesaggio alieno, in cui sono esposti i dieci pezzi della nuova collezione. Come Alice in Attraverso lo Specchio, il visitatore, una volta varcata la porta del civico di un elegante palazzo meneghino, si ritrova in un universo parallelo, aulico e fiabesco.

L’architetto Livio Ballabio parte da qui per farci scoprire il mondo del brand da lui ideato e presentato in anteprima durante la Milano Design Week 2016. L’idea nasce un anno fa dal desiderio di cambiare l’approccio al progetto dell’abitare. Da qui la collaborazione con Katia Meneghini e Thanos Zakopoulos di CTRLZAK Art and Design Studio cui ha affidato la direzione artistica dell’intero progetto. Dopodiché la scelta di collaborare con designer come Alessandro Zambelli ed Emanuele Magini che hanno realizzato una collezione che sfiora il surreale e abbraccia l’onirico.

“Fasce elastiche costituiscono la scocca di una seduta; griglie metalliche dorate disegnano un elegante divano. Il classico divano in pelle, dalle forme morbide, rivela dal rivestimento slabbrato un’anima fantasia; mentre l’esile sedia con l’alto schienale impettito distende la sua seduta in lungo tappeto per trasformarsi in trono domestico” - spiega Cristina Morozzi - che col suo testo “Domestic Drama” ha contribuito al progetto di JCP. “Un gomitolo arruffato diventa una poltrona nido, mentre un trofeo dorato, issato su un piedistallo, funge da regale attaccapanni. Ogni pezzo possiede una sorta di doppia identità che rende speciale il suo disegno”.

E così, il racconto domestico si fa drammaturgia.

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