Per i Grinch è il Natale della riscossa

Lo confesso: sono un Grinch. Non amo il Natale. I regali mi danno l'orticaria, sto ancora cercando di riciclare quell'acqua di colonia che sa di cloro da piscina che nemmeno ricordo da chi e quando mi è stata rifilata

Per i Grinch è il Natale della riscossa

Lo confesso: sono un Grinch. Non amo il Natale. I regali mi danno l'orticaria, sto ancora cercando di riciclare quell'acqua di colonia che sa di cloro da piscina che nemmeno ricordo da chi e quando mi è stata rifilata; lo zio Pasquale meno lo vedo e meglio sto (con quel nome, poi); la tombola mi elettrizza come un conferenza stampa di Conte, ché poi c'è sempre il cugino spiritosone che al primo numero chiama l'ambo (ah ah ah); e lo Champagne non ho bisogno di arrivare a fine anno per stapparlo (e comunque sappiatelo una volta per tutte: con il panettone sta uno schifo). Sono un Grinch e me la rido sotto i baffi, anche perché sotto la barba non si può: quest'anno il destino ha complottato a mio favore, per una volta, rendendo le feste di fine anno un atto illegale.

Che volete farci: il Natale tutto oro, incenso e Dpcm mi dà un sottile piacere. Mentre sento amici e colleghi architettare strategie per massimizzare il numero di parenti riuniti attorno al desco degli irriducibili, calcolare con cura la popolazione del comune di partenza per capire a quali eccezioni poter attingere, compulsare la palette Pantone per decrittare le tinte dei vari giorni, usare mappe e compassi come un Rommel di periferia per calcolare dove arrivare con i trenta chilometri concessi in alcune pieghe del decretone (o forse decretino?), accertarsi dell'età del nipotino perché gli «under 14» sono dei fuori quota; mentre tutto questo accade, io mi godo la prospettiva di un imprevisto giorno di niente assoluto: niente lavoro, niente pandoro, niente treni, niente code in autostrada, niente corsa al pacchetto. Niente di niente. E con la soddisfazione personale di poter ammantare questa misantropia di stagione di nobile senso civico: «Sapete - sussurro con stile a chi mi chiede che cosa farò per il cenone - sono una persona coscienziosa, io: se non si può non si può». E quando mi ricapiterà una simile fortuna?

Sia chiaro, non è che sia contento della situazione generale. Preferirei anche io un mondo senza Covid. Un mondo immune, vaccinato, sano e dai denti splendenti, in cui ognuno possa trascorrere il Natale come e con chi desidera, senza che siano una carognissima pandemia e un elegantissimo presidente del Consiglio a dettare l'agenda dei nostri affetti. Capisco bene il piccolo melodramma dei milioni di italiani che in queste ore si trovano a prendere decisioni spezzacuore: mamma sì, nonno no, cognato forse, partire subito, tornare quando, e se poi mi fermano, mannaggia avessi tenuto la residenza a Napoli. Un mio amico sta perdendo il sonno perché ha deciso di non andare a trovare i suoi genitori anzianotti in una città di un'altra regione, ma ora la fidanzata lo pressa perché la accompagni dai suoi, e lui si sentirebbe sleale nei confronti della sua famiglia di origine ad andare, e quindi, comunque sia, gli si prospettano giornate di liti, frustrazioni, sensi di colpa. L'ho invitato a fare un Natale da Grinch come il sottoscritto, ma per essere davvero controcorrente ci vuole un fisico bestiale. E nessuna fidanzata, possibilmente.

Insomma, vi capisco, voi tutti. La libertà è una bella cosa.

Parafrasando una frase mai detta da Voltaire: «Non sono d'accordo con i vostri pacchi e i vostri torroni troppo duri, ma darei la vita perché possiate continuare a scambiare i primi e perdere i molari con i secondi». Purché, sia chiaro, non pretendiate che venga anch'io.

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