La via "illuminata" al sovranismo

La via "illuminata" al sovranismo

L'avvicinarsi delle elezioni europee obbliga le forze politiche a immaginare nuove coalizioni: anche perché tutti sanno già che tra poche settimane i popolari e i socialisti, da soli, non avranno più la maggioranza. Da qui viene la proposta, avanzata da Silvio Berlusconi, di una possibile intesa tra i partiti del moderatismo popolare e quelli che egli ha chiamato «sovranisti illuminati».

Ma cosa il Cavaliere ha inteso indicare con tale formula? Di tutta evidenza, con questa espressione ha inteso prendere le distanze da una versione del sovranismo quella che ben conosciamo in Italia che mette assieme populismo e nazionalismo, demagogia e logiche autoritarie. In questi mesi di governo giallo-verde abbiamo visto a più riprese riemergere logiche ottocentesche che puntano a costruire barriere, non comprendendo il nesso tra lo sviluppo della civiltà e l'apertura dei commerci. L'insistenza dei sovranisti nostrani su soluzioni economiche protezionistiche, d'altra parte, non può portare nulla di buono alla società italiana e soprattutto alle sue aree più produttive: capaci di competere su ogni mercato.

Esiste, però, anche un sovranismo d'altra natura e va sempre ricordato come sia stata una visione socialista e dirigista dell'Europa a risvegliare gli sciovinismi in larga parte del Vecchio Continente. Se prendiamo il caso tedesco, è evidente che senza una politica soprattutto da parte della Bce volta a premiare le cicale e penalizzare le formiche non avremmo mai assistito al costituirsi di quel gruppo di economisti che, invocando il rigore, ha posto le basi di Alternative für Deutschland.

Se spesso il sovranismo è l'espressione di chiusure da evitare, che in futuro potrebbero fare riemergere i fantasmi di un nuovo conflitto tra europei, è allora evidente che ci può essere pure una versione liberale di questa resistenza delle periferie europee di fronte al progetto di un'Unione sempre più invadente. In altre parole, c'è una bella distanza tra la volontà degli inglesi di preservare la loro facoltà di autogovernarsi (e la Brexit in larga misura proviene da lì) e il riemergere di logiche autoritarie in vario modo legate all'esperienza franchista spagnola oppure al collaborazionismo francese di Vichy. Da noi molti sovranisti continuano a guardare a Mussolini con nostalgia e in questo modo vanno riproponendo il vecchio nazionalismo guerrafondaio sotto altro nome (questo spiega, tra le altre cose, la stessa volontà di reintrodurre la leva obbligatoria).

Il nazionalismo che occupa la scena in questo inizio di Terzo Millennio non promette nulla di buono: ha successo perché parla alla pancia della gente, ma rischia di causare molti guai.

Per rispondere a questa sfida, però, è necessario dirigersi verso un'altra Europa: che sappia riconoscere il diritto di ogni comunità ad autogovernarsi e, al tempo stesso, che ponga fine a quel potere regolatorio e «armonizzatore» nelle mani degli eurocrati che già tanti problemi ha generato in questi anni.

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