Cronache

"Bruciato nel forno della sua azienda". Il processo per l'imprenditore sparito

A un anno e mezzo dall’inizio del processo a Brescia durante l’ultima udienza in aula il pubblico ministero Silvio Bonfigli ha modificato il capo di imputazione

Per il pm Maruio Bozzoli fu bruciato nel forno della sua azienda
Per il pm Maruio Bozzoli fu bruciato nel forno della sua azienda

Ucciso e gettato nel forno della fonderia di famiglia. A un anno e mezzo dall’inizio del processo a Brescia, nel quale l'accusa ha portato avanti l'ipotesi che l’imprenditore scomparso Mario Bozzoli sia stato ucciso all'interno della sua azienda dal nipote Giacomo Bozzoli, durante l’ultima udienza in aula il pubblico ministero Silvio Bonfigli ha modificato il capo di imputazione spiegando che esiste la possibilità che l’uomo sia stato ucciso dentro il forno la sera dell'8 ottobre 2015.

Il giallo di Marcheno e le mille ipotesi

Il pm di fatto è tornato a quella che era stata l'ipotesi iniziale. "Ho un dovere imposto dalla legge e dal codice di procedura penale - ha detto Bonfigli -. Perchè la prova si forma in dibattimento". Una linea di fatto confermata dal medico legale Camilla Tettamanti, perito nominato dalla Corte d'Assise. "Per arrivare alla distruzione completa del cadavere di Mario Bozzoli nel forno ci sarebbero volute poche ore", ha detto in aula presentando la relazione in merito all'esperimento dello scorso 27 aprile, quando venne gettato un maialino, già morto per cause naturali, in un forno da fonderia a 950 gradi. Il forno non era esploso e si registrò una fumata.

L'esperimento con il maiale nel forno

L'esperimento era stato voluto dalla Corte d'Assise per capire se Mario Bozzoli la sera della scomparsa possa essere stato buttato nel forno della sua azienda. "C'è stata la netta percezione di odore quando il fuoco ha avvolto i peli della carcassa - hanno detto i periti -, che però è durato per un breve periodo, anche per la presenza della cappa di aspirazione. Non ho mai percepito l'odore di carne bruciata. Non si è mai verificata la situazione che non si potesse stare nel capannone per l'odore". Di più. "In un'ora circa dalla fine dell'esperimento i resti potevano essere maneggiati senza problemi ha proseguito il medico legale -. La letteratura ci dice poi che a quelle temperature è impossibile rilevare dna".

A proposito di resti, la dottoressa Camilla Tettamanti ha sostenuto che "alcuni resti, in mezzo a tantissime scorie e resti metallici, erano perfettamente riconoscibili e riconducibili a resti ossei".

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