Cronache

"Io, vittima del Forteto". Quattro anni di carcere da innocente

La accusarono di aver venduto la figlia ai pedofili che la violentarono, ma i racconti erano figli delle violenze psicologiche del Forteto

"Io, vittima del Forteto". Quattro anni di carcere da innocente

Assolta per non aver commesso il fatto, ma ha già vissuto quattro anni della sua vita in carcere, rinchiusa in una cella, senza essere mai stata colpevole. É quello che è successo ad una madre, condannata a sei anni di reclusione perché accusata di aver venduto la sua bambina ai pedofili che la violentarono.

Fu la piccola a puntare il dito contro la sua mamma, quando ancora aveva appena otto anni e dopo essere stata affidata alla comunità Il Forteto. Come lei tanti altri bambini e ragazzi che, per anni, hanno dovuto subire lavaggi del cervello e violenze psicologiche e fisiche, il più delle volte con l’obiettivo di essere allontanati dalla famiglia d’origine. La mente di tutto Rodolfo Fiesoli, fondatore della comunità lager, oggi detenuto a Padova per scontare una condanna definitiva a 14 anni e 10 mesi. Tanti i racconti, che negli anni hanno scoperchiato il vaso di pandora, centinaia le testimonianze dei ragazzi che per anni hanno vissuto tra le mura della cooperativa di Barberino del Mugello e che, ancora oggi, delineano i contorni di una realtà da film degli orrori. La stessa realtà che è costata una pena ingiusta per A.S., 66 anni, la donna fiorentina finita in carcere, che adesso finalmente potrà riprendersi in mano la sua vita, ormai marchiata per sempre da quell’errore giudiziario che la corte d'appello di Genova ha corretto, ma che nessuno potrà mai cancellare.

La storia inizia nel 1995, quando la piccola viene tolta ai genitori e affidata al Forteto dopo essere stata abusata sessualmente da dei pedofili. La minore iniziò a vivere all’interno della cooperativa con i genitori affidatari e, dopo poco tempo dal suo inserimento nella nuova realtà, arrivò la confessione sconvolgente. A denunciare le parole della bambina alle autorità fu proprio il signor Fiesoli che raccontò alla questura che la piccola aveva raccontato ai suoi genitori affidatari che a consegnarla ai pedofili che abusarono di lei fu sua madre in cambio di denaro. Da lì partì la nuova inchiesta che portò al processo in cui la mamma sedeva nel posto degli imputati scioccata dalle accuse mosse dalla sua bambina. Nel 1998 la condanna a sei anni di reclusione con revoca della potestà genitoriale, che diventerà definitiva nel 2001, anno in cui la madre entrerà in carcere.

Eppure di amare coincidenze in questa storie ve ne erano tante, emerse solo adesso, dopo decenni, grazie all'avvocato Giovanni Marchese, che è riuscito ad ottenere la revisione del processo. La bambina era stata affidata a Luigi Goffredi e alla moglie Mariella Consorti assieme alla sorella. Goffredi era un fedelissimo di Fiesoli, condannato insieme a lui nel 1985 per aver abusato di un ragazzo della comunità portatore di handicap. Quando venne disposto l’affidamento della bimba abusata dai pedofili il giudice onorario era un neuropsichiatra infantile tra i più presenti quando vi era di mezzo il Forteto. Lo stesso che poi farà la parte di consulenza nel processo nei confronti della madre che verrà condannata al carcere, asserendo la spontaneità dei racconti della minore. E invece la piccola era stata plagiata, convinta a denunciare un fatto mai avvenuto, per essere allontanata per sempre dai suoi genitori.

Ad ammetterlo fu proprio lei, quando cresciuta e dopo essere venuta a conoscenza delle verità che la magistratura aveva portato a galla sulle storie dei suoi compagni del Forteto, decise di ammettere la verità. Le accuse nei confronti della madre non corrispondevano al vero, ma lei, piccina e indifesa era stata costretta a confermarle sotto consiglio celato dei mostri del Forteto. Durante i “chiarimenti” lo schema era sempre lo stesso, si riparlava degli abusi subiti, delle scene dell’orrore che lei avrebbe solo voluto dimenticare e poi la domanda ripetuta in maniera ossessiva: “Ma tua madre non sapeva niente di questo?”. Impaurita delle minacce di violenze fisiche e sfinita dai lavaggi del cervello, la bambina decise di accontentare i genitori affidatari e raccontare la storia falsa che cercavano di inculcarle. Ora, anche la legge ha riconosciuto la non veridicità di quella testimonianza che è costata alla madre quattro anni di reclusione e un cuore spezzato.

“Con la revoca della condanna avvieremo la causa per il risarcimento per errore giudiziario”, annuncia l'avvocato Marchese.

Commenti