Kabobo, Butungu e Oseghale: i criminali arrivati coi barconi

Alcuni erano ospitati dalle cooperative che si occupano della gestione dei “migranti” mentre altri erano già noti alle forze dell’ordine

Kabobo, Butungu e Oseghale: i criminali arrivati coi barconi

Mada Adam Kabobo, Guerlin Butungu, Innocent Oseghale e i suoi “compagni di merende”, Abderahim Anass e Saad Otmani, tutti nomi tristemente ben noti, criminali incalliti con un comun denominatore, sono tutti arrivati in Italia con i barconi; alcuni erano ospitati dalle cooperative che si occupano della gestione dei “migranti” mentre altri erano già noti alle forze dell’ordine, erano stati arrestati ma subito rilasciati, liberi di riprendere a delinquere. Adam Kabobo l'11 maggio 2013 aggrediva sette persone a picconate e ne uccideva tre nel quartiere di Niguarda, nord di Milano, seminando il terrore per un’ora e mezzo. Il ghanese, già noto alle forze dell’ordine, arrivava a Lampedusa nel 2011 e veniva trasferito in un centro di accoglienza a Bari dove prendeva parte a degli scontri e veniva condotto presso il carcere di Lecce. Guerlin Butungu, ospite presso una cooperativa, era a capo del branco che a Rimini nella notte tra il 25 e il 26 agosto 2017 stuprava una turista polacca, massacrava di botte il compagno e poi violentava anche un transessuale peruviano. Innocent Oseghale, Lucky Desmond e Lucky Awelima venivano invece arrestati a Macerata per l’omicidio, il vilipendio e l’occultamento di cadavere di Pamela Mastropietro lo scorso gennaio. Gli ultimi dettagli emersi dalle intercettazioni telefoniche fatte sugli apparecchi dei nigeriani sono agghiaccianti: “Oseghale avrebbe dovuto far sparire il cadavere tagliandone una parte a pezzettini da gettare nel gabinetto, e mangiando nel tempo il restante, dopo averlo congelato”. Il “profugo” Awelima alloggiava addirittura in un albergo a 4 stelle tra Macerata e Montecassiano, l'hotel Recina, ovviamente a spese dello Stato italiano, come già illustrato dal Giornale.

Oseghale, “rifugiato” pure lui, veniva invece espulso dal programma di protezione per spaccio di stupefacenti. Poi ci sono Abderahim Anass e Saad Otmani, entrambi marocchini, che nella notte tra il 27 e il 28 aprile scorsi hanno prima aggredito e rapinato un peruviano e un italiano nell’hinterland nord di Milano per poi spostarsi in zona Stazione Centrale dove hanno prima rapinato due studentesse straniere ferendone una con una coltellata e poi si sono diretti in via Settembrini e hanno ucciso a coltellate e derubato il 23eenne bengalese Samsul Swapan. Un’escalation di violenza andata avanti per tre ore e conclusasi la mattina di sabato 28 aprile al Mc Donald’s vicino Stazione Centrale dove i due delinquenti stavano tranquillamente facendo colazione. Anass e Otmani erano arrivati in Italia con i barconi rispettivamente nel luglio del 2017 a Reggio Calabria e nel dicembre successivo ad Augusta in Sicilia. Uno dei due era anche stato arrestato una settimana prima del massacro per furto ma subito rilasciato in attesa dell’udienza. Un bollettino agghiacciante se si tirano le somme: cinque morti, una dozzina di feriti, due stupri, ore di terrore liberamente seminato da soggetti socialmente pericolosi che non dovevano trovarsi in territorio italiano, ma invece c’erano, senza alcun controllo. Fatti che mostrano in maniera evidente la folle politica del “dentro tutti” portata avanti per anni dall’esecutivo a guida PD. E’ palese la totale assenza di efficaci filtri che permettano di selezionare gli ingressi rimandando al mittente chi in Italia non deve stare. Il business legato alla gestione degli immigrati clandestini che “rende più della droga”, come disse Salvatore Buzzi. Intanto si contano i morti, i feriti, le ragazze violentate, perché queste sono le conseguenze. Vittime italiane e straniere, perché l’ingresso di irregolari dediti alla delinquenza danneggia gli italiani ma anche gli stranieri per bene. L’accusa di “razzismo” nei confronti di chi chiede filtri efficaci e politiche selettive serie, accuse spesso perpetrate da parte di soggetti dediti alla strumentalizzazione che cercano di salvare il business, non reggono più. Sono i fatti a parlare. Del resto sono gli stessi che si affannavano a dire che “non arrivano jihadisti con i barconi”, salvo poi dover fare i conti con i fatti.

Intanto sorge un ulteriore quesito: quanti altri soggetti come quelli sopra citati sono a piede libero e pronti ad analoghi atti? Delle vere e proprie mine vaganti pronte a seminare terrore, violenza e morte; purtroppo in Italia entra di tutto.

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