Coronavirus

L'allarme dei medici di Codogno: "Abbandonati con mascherine vecchie"

Nel paese scoppia la paura: "Gli abitanti non sanno a chi rivolgersi". Condizioni di lavoro fatiscenti: "Non ci hanno detto come affrontare questa emergenza"

L'allarme dei medici di Codogno: "Abbandonati con mascherine vecchie"

I medici di Codogno si sentono abbandonati. Il dottor Alberto Gandolfi ha lo studio nella zona rossa: "Ho provato la febbre, non ce l'ho. Domani ricomincio con le visite". Dopo essere stato a contatto con alcuni malati di Coronavirus, si trova in isolamento dal 19 febbraio anche se il suo tampone è risultato negativo. Il medico di medicina generale ora riesce a interpretare le cartelle cliniche dei suoi pazienti e a darsi una spiegazione sull'impennata anomala dei casi di polmonite: "Ho visitato tanti pazienti con il febbrone". Tutti erano convinti che la causa fosse da attribuire al freddo e alla mancanza di pioggia; le lastre poi hanno confermato "le broncopolmoniti e sono state curate con i soliti antibiotici".

Ma ora il paese di circa 16mila abitanti è blindato, con i confini costantemente presidiati dai carabinieri: "I miei assistiti sono spaventati. Hanno paura e non sanno a chi rivolgersi". In tutto ciò il 112 è sovraccaricato da telefonate e i sanitari arrivano solo se la febbre supera i 39 gradi e mezzo. Tuttavia la patologia c'è e continua a esserci: "Comincia a venire una febbriciattola, poi la tosse e i pazienti mi telefonano terrorizzati". La prescrizione del dottor Gandolfi è quella di "non farsi travolgere dal panico, prendere la tachipirina, stare a casa e curarsi".

Medici abbandonati

Nel frattempo scoppia l'ira da parte dei medici: "Siamo sbattuti in prima linea senza attrezzature. Non ci danno niente. In ospedale girano coperti da scafandri come astronauti, noi abbiamo due, tre mascherine a testa e indicazioni confuse. Ci dicono che quelle chirurgiche non servono e le deve mettere solo chi è ammalato, che il medico dovrebbe usare soltanto quelle con i filtri". E loro intanto stanno indossando "vecchie mascherine che ci sono avanzate dall'epidemia di Sars". E nessuno avrebbe chiamato loro per fornire "indicazioni su come affrontare l'ondata di contagio". Dunque l'unica domanda posta è la seguente: "Ha avuto contatti con la Cina?". Che tra l'altro è stata sollevata "dalla collega anestesista che ha fatto il tampone al paziente uno del pronto soccorso di Codogno, l'uomo di 38 anni, e meno male che le è venuto in mente di chiederglielo".

Come riportato da Il Messaggero, al momento la solidarietà unisce i medici: "A Codogno siamo dieci, in questo periodo ci siamo sentiti spesso". Dunque i contatti sono fitti e costanti, utili per rassicurarsi reciprocamente sullo stato di salute: "Tutti, a dire la verità abbiamo mantenuto il sangue freddo. Ma anche i miei colleghi, in mezzo a questa epidemia, si sentono allo sbaraglio". Per loro si tratta di una situazione anomala, mai vissuta fino a ora: "Una cosa del genere, nella mia vita professionale, non mi è mai accaduta.

Sembra un film di fantascienza, invece purtroppo è la realtà".

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