Dopo lo "tsunami che abbiamo subito" con l'emergenza sanitaria causata dall'epidemia di nuovo coronavirus, un'altra onda anomala rischia di abbattersi sul personale sanitario che combatte in prima linea. Si tratta del "disastro psicologico" vissuto dai camici bianchi costretti a guardare in faccia il virus. A lanciare l'allarme, parlando con AdnKronos Salute, è Gabriella Pravettoni, capo della Divisione di psicologia dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, che avverte: "Dobbiamo intervenire ora prima che sia troppo tardi". E aggiunge: "Possiamo facilmente prevedere un imminente futuro con operatori sanitari con forte burn-out e che avranno a che fare con una devastante Sindrome post traumatica da stress". È lo stesso disturbo che affligge i reduci di guerra.
Il monito della Prevattoni nasce da un'indagine condotta dai ricercatori dello Ieo e del Dipartimento di oncologia ed emato-oncologia dell'università degli Studi di Milano, che hanno distribuito 533 questionari ad altrettanti operatori sanitari impegnati negli ospedali lombardi in prima linea contro il Covid-19. "Dai balconi la gente li applaude come eroi, per i pazienti sono angeli con il camice, per i mass media sono guerrieri, in trincea a combattere per il bene di tutti- spiega-Ma una volta tolti i guanti, la tuta di protezione e la mascherina rimane solo una persona. Una persona che ha paura".
Dai dati raccolti fino ad ora, è emerso che su oltre 270 operatori dai 26 ai 70 anni, "lo stress è elevatissimo: su una scala da 0 a 100, la risposta media del nostro campione è di 73". Ma a preoccupare, oltre allo stress è "il vissuto emotivo degli operatori. Il sentimento predominante e più forte è la paura, l'angoscia", unita al senso di abbandono. "La paura è un'emozione primaria adattiva - sottolinea Pravettoni -È qualcosa che ci serve, perché ci segnala che siamo di fronte a un pericolo e ci spinge a reagire". Ma quando la paura diventa eccessiva, "come registrato nel nostro campione di operatori sanitari", sorge un problema: "I pensieri diventano negativi, lo stress aumenta, così come i comportamenti poco salutari e si instaura un circolo vizioso". Ma i camici bianchi "non temono per sé, ma per gli altri", dai malati alle persone care. Infatti, i dati relativi alla paura per la propria persona sono relativamente bassi (54 il punteggio in media), mentre quelli relativi alla paura per i propri pazienti raggiungono un punteggio di 75 su 100 e di 85 per i famigliari. Il che dimostra come la paura segua gli operatori sanitari in ogni aspetto della loro vita.
"Il fatto di preoccuparsi per gli altri più che per se stessi - sostiene la specialista - può portare a trascurare il proprio benessere fisico e psicologico, spingendosi al limite delle proprie risorse, fino al loro esaurimento. Ci sono operatori che dichiarano di lavorare 70 ore a settimana, a volte con un solo giorno di riposo. In questa situazione il rischio burn-out, la sindrome da stress lavorativo, è più che mai presente".
Altro motivo di stress è la sensazione che "le cose stiano sfuggendo dal proprio controllo. Da 0 a 100 la sensazione di controllo è bassa, circa 40". Elevato è anche la rabbia verso chi poteva fare qualcosa e non è intervenuto: "Cisi sente abbandonati dalle proprie istituzioni: su una scala da 0 a 100, il punteggio medio è di 71".
È questo, a detta di Pravettoni, "il dato più preoccupante" che emerge dalla ricerca, "perché con una percezione di abbandono così forte, e lavorando senza soluzione di continuità in uno stato di angoscia e di stress costante" è elevato il rischio di sviluppare una sindrome post traumatica da stress.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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